Che senso ha ricominciare un campionato che al 99 per cento verrà nuovamente interrotto, e stavolta in via definitiva? Non vogliamo portare sfiga, anzi, tifiamo per la ripresa, amiamo il calcio. Però non possiamo ignorare i fatti. E il primo, basilare, lo ha stabilito il comitato tecnico-scientifico, quindi il governo: nel caso una squadra riscontrasse anche solo un giocatore positivo al Corona, per l’intera rosa scatterebbero 14 giorni di quarantena. Dunque fine dei giochi e per chi andrà al mare, se ci verrà consentito, buona estate. A cosa è servito, dopo due mesi e mezzo di traccheggiamento, dare il via libera agli allenamenti di gruppo da lunedì prossimo se l’epilogo è pressoché certo? Oltretutto la responsabilità sanitaria ricadrà sui medici delle squadre, un fardello enorme: chi si assumerà tali rischi? E dunque delle due l’una: o i 220 mila casi di Covid registrati in Italia rappresentano la più grande fregnaccia della storia dopo i poteri miracolosi degli unguenti venduti da Vanna Marchi e dal maestro do Nascimento, oppure è statisticamente scontato (visto peraltro il numero elevatissimo di tamponi a cui vengono sottoposti i giocatori) che tra i 50 tesserati che gravitano attorno a una squadra tra calciatori e staff qualcuno, pur in forma asintomatica, da qui a tre mesi si becchi il virus. L’articolo potrebbe finire qui, e però c’è da parlare del Verona, attualmente ottavo in classifica a 35 punti dietro al Milan a 36, al momento ultima squadra qualificata all’Europa League. Ma il Milan ha giocato una partita in più del Verona, e dunque in base al quoziente punti/incontri disputati sarebbe l’Hellas a tornare in Europa dopo 32 anni, ultimo incontro europeo Werder Brema-Verona, 16 marzo ’88, 1-1 e tedeschi qualificati alla semifinale Uefa. Elkjaer era squalificato, al Bentegodi il Verona perse 1 a 0 e fu Volpecina due settimane dopo a illudere i gialloblu. A pari punti col Verona c’è il Parma, che però ha perso l’unico scontro diretto. Dovesse finire qui il campionato, dunque, l’unico criterio meritocratico per assegnare il posto vacante in Europa sarebbe quello di tener conto dei punti conseguiti a parità di partite giocate. Ci rifiutiamo di credere (ma lo temiamo) che sarebbe il Milan ad aggiudicarsi il riconoscimento. L’unica cosa sensata, a fronte dei rigidissimi paletti imposti dai tecnici del governo, sarebbe quella di decretare la fine delle ostilità e tenere conto dei risultati raggiunti sul campo. Col Verona di nuovo in Europa, sperando in nuove mitiche trasferte possibilmente a porte aperte. La meritocrazia però, si sa, in Italia non è tenuta in grande considerazione.
Ps. Nella Danimarca di Elkjaer il calcio riprenderà il 25 maggio. Ma questa è tutta un’altra storia.
Alessandro Gonzato