Il Calima scompiglia i capelli di Francesca, una dei tanti giovani che hanno scelto Las Palmas per il telelavoro. Francesca è una copywriter sarda dall’abbronzatura caraibica. Si è trasferita l’anno scorso e dopo sei mesi ha ottenuto la residenza fiscale. «Qui la vita è molto più semplice», racconta seduta al tavolino di un bar gestito da cubani. «La gente si accontenta di poco, e io mi sono liberata di un sacco di tasse». Da qualche giorno il vento che soffia dal Marocco arroventa il clima. La panza de burro però l’indomani tornerà a fare il suo mestiere, quello di colorare il cielo di un grigio tendente all’azzurro. La panza de burro è la “ancia dell’asino” si gonfia quando gli alisei da Nord-Est spingono le nuvole contro le montagne, ciò che succede quasi sempre. La temperatura scende di 5-6 gradi e guardando in su sembra che piova da un momento all’altro ma in realtà qui piove raramente, mai d’estate. La pausa pranzo di Francesca e di chi come lei ha scelto Gran Canaria, Spagna – a 350 chilometri dall’Africa – per vivere e lavorare, è un tuffo nell’Atlantico. Un pasto frugale in uno dei tanti locali lungo la passeggiata di Las Canteras, la spiaggia più frequentata del Nord dell’isola, e poi si torna al computer. Las Palmas è il santuario del lavoro da remoto. I templi sono i coworking, ampi uffici dove 30-40 enni e oltre provenienti da tutto il mondo condividono lo stesso ambiente approfittando di ottime connessioni internet e costi contenuti. Ci sono tanti italiani, britannici, qualche americano, incontriamo dei polacchi, troviamo scandinavi ma anche iberici. Il clima è rilassato, ci si conosce velocemente, ma non è vacanza. Al Soppa de azul, in calle Americo Vespucci, in una vietta stretta il cui unico negozio vende narghilè, Ana, 30 enne milanese, è in teleconferenza col suo capo. Lavora per l’ufficio marketing di un’importante azienda dolciaria. «Vivo qui da fine 2017», ci dice, «da quando mi è stato concesso lo smart working. Era il mio sogno: stare tutto l’anno in maglietta e passeggiare in spiaggia ogni mattina. Sto al pc più di prima, me ne sono resa conto col tempo, ma la qualità della vita è superiore, costa tutto meno, e poi sei in Europa, l’isola è collegata benissimo con l’Italia».
Michele, 42 anni, lavorava come trader a Bologna. Sposato, papà di un bambino piccolo, si è trasferito qui due settimane prima dello scoppio della pandemia. «Io e mia moglie ne avevamo parlato a lungo: lei non lavorava e io, non avendo l’obbligo di stare in ufficio, potevo continuare l’attività in qualsiasi parte del mondo ci fosse una buona connessione e un fuso orario compatibile. Abbiamo scelto Las Palmas per la vicinanza dalle nostre famiglie, per il clima primaverile e perché la tassazione è molto vantaggiosa». Per i liberi professionisti le aliquote non differiscono molto da quelle italiane, ma sono le detrazioni a fare la differenza. L’Iva si chiama Igic, nella maggioranza dei casi è del 7%. La Zec, zona especial Canaria, se vi si apre un’azienda che soddisfi determinati requisiti consente un’imposizione del 4. Non è un paradiso fiscale ma non siamo distanti. I prezzi dei coworking variano dai 10-15 euro al giorno ai 120-150 euro al mese: in quest’ultimo caso si ha diritto sempre alla stessa scrivania, a una sala riunioni, alla fotocopiatrice, e soprattutto alla chiave che ti permette di lavorare anche di notte. Al Dojo, in calle Eduardo Benot, l’abbonamento annuale è scontato del 15%. Il Covid ha dimezzato i clienti e si cercano incentivi per farli tornare. Il Dojo è il quartier generale di Marco, torinese di 39 anni, che da qui cura la grafica di alcuni siti internet italiani: «L’ho fatto per anni dal salotto di casa. Nel 2016 sono venuto qui in vacanza, mi sono trovato bene, e ho deciso di cambiare stile di vita. Guadagno come prima e spendo il 20-25% in meno». L’isola è disseminata di coworking: c’è il PlayaChica, il Palermo,dalle parti di Vegueta – il quartiere antico della capitale – ci sono El Nucleo, il GoCoworking, che dispone anche di una terrazza bianca e blu con tanti cuscini colorati dove rilassarsi. Qualche struttura ha chiuso a causa del Covid. Altre hanno rallentato. Ma Gran Canaria rimane la capitale europea dei “Nomadi digitali” C’è un gruppo molto attivo su Facebook, “Nomadi Digitali Italiani” ha 9 mila iscritti. C’è chi vive e lavora in ogni angolo del mondo. La maggior parte lo fa in Spagna, specialmente tra Gran Canaria e Tenerife. Vanno forte anche Fuerteventura e Lanzarote. Fino a qualche anno fa Gran Canaria era conosciuta solo come il buen retiro di migliaia di pensionati connazionali, inglesi, tedeschi, anche spagnoli. Ce ne sono molti e vivono sopratutto al Sud dalle parti di Maspalomas, la zona più calda, una distesa di dune, molte naturali, create da Calima, e alcune artificiali. La vita costa come nell’Italia meridionale. Non esistono spese di riscaldamento. Ma è molto frequentata anche dai giovani, soprattutto nel fine settimana. È qui la movida, che però al tempo della nueva normalidad inevitabilmente stenta a riprendere. Quaranta chilometri più a Nord, invece, a Las Palmas, il telelavoro non si è mai fermato. Chi non va al coworking lavora da casa, a due passi dall’oceano. Con il Calima e la panza de burro.