Gnocchi della Lessinia, un piatto DOC Marcella Marconi: “Riconosciuta finalmente la bontà e la storicità dei “gnochi de malga”

Gnocchi di malga, gnocchi sbatùi, gnocchi di farina…li abbiamo sentiti chiamare in tutti i modi possibili, senza avere mai a disposizione una definizione univoca di quel piatto povero negli ingredienti, ma straordinariamente buono e rappresentativo di un territorio. Da oggi quel piatto ha un nome preciso e, soprattutto, riconosciuto a livello nazionale: “Gnocchi della Lessinia”.
Sono infatti stati inseritinel
registro del Veneto che annovera 387 prodotti tradizionali, rappresentativi di tutte le provincie venete. In questo registro anche il Pero Misso, quest’ultimo riconosciuto anche come Presidio Slow Food.
A farsi promotrice dell’inserimento, in particolare degli Gnocchi della Lessinia, è stata la Pro Loco del Comune di Sant’Anna d’Alfaedo, in provincia di Verona. «Un percorso durato quasi due anni. – spiega la presidente Marcella Marconi – Un biennio in cui abbiamo coinvolto in questa iniziativa gruppi di cuochi delle sagre del paese, che hanno inserito il piatto nel loro menù e con il quale hanno partecipato al Palio degli Gnocchi al Forte Tesoro, e così anche alcuni ristoratori della zona, anch’essi con questo piatto proposto all’interno dei loro locali. Tutti quanti loro hanno riscontrato grande entusiasmo e volontà nel dare un’identità riconosciuta a livello nazionale a questo piatto tradizionale e assolutamente tipico, che tanto ha da raccontare del territorio e delle sue tradizioni, a cominciare dalla pratica dell’alpeggio e della vita in malga».

UN’ORIGINE ANTICA
In origine gli Gnocchi della Lessinia erano prodotti proprio nelle malghe dell’altipiano, nel “logo del fogo”, cioè nel locale della baita dove si trovava il camino con il fuoco acceso per la cottura. La storia di questo piatto è legata alla presenza fissa dei malghesi in malga nel periodo dell’alpeggio, che andava da maggio a fine settembre. La Lessinia è da secoli oggetto della pratica della transumanza e dell’alpeggio, prima ovino, poi anche bovino (descritto quest’ultimo fin dal ‘500). Questi uomini, che accompagnavano le vacche negli alti pascoli della Lessinia, portavano con sé da casa quanto poteva servire per i quattro o cinque mesi che rimanevano in alpeggio, comprese farina di polenta e farina di grano tenero. Con la seconda erano soliti fare un piatto di veloce produzione, ma molto sostanzioso condito con i prodotti della lavorazione del latte munto dalle proprie vacche in montagna: gnocchi di farina e acqua conditi con burro e formaggio (raramente con ricotta affumicata; la ricotta veniva prodotta e l’affumicatura era l’unico sistema di conservazione, ma per la maggior parte veniva venduta ai “puinari”).