Gli indagati volevano arrivare a Draghi. L’inchiesta di Trento arriva fino a Verona Al Riesame confermati gli arresti domiciliari

La maxi inchiesta Romeo della Procura distrettuale antimafia di Trento che ha provocato un terremoto nell’impero del magnate austriaco René Benko e della Signa Group, colosso degli investimenti immobiliari con ramificazioni a Verona dove ha messo mani e occhi su ex Scalo merci, ex Manifattura Tabacchi e aveva comunicato all’allora sindaco Sboarina e all’assessore Segala (indagata ma respinge tutte le accuse) di essere interessato anche all’ex Cardi , regala nuovi clamorosi sviluppi.
Ieri infatti il Tribunale del riesame di Trento ha confermato gli arresti domiciliari per sei dei sette indagati nell’ambito della maxi inchiesta su affari e politica di cui la Cronaca di Verona ha scritto due puntate, venerdì scorso e martedì scorso.
Il provvedimento, così come disposto dal gip, è stato confermato per il commercialista bolzanino Heinz Peter Hager, per l’imprenditore trentino Paolo Signoretti, per due professionisti altoatesini, per l’ex senatore e sindaco di Dro, Vittorio Fravezzi, e per una funzionaria del Comune di Bolzano. Una conferma della solidità dell’impianto accusatorio contenuto in oltre 1650 pagine dell’informativa dei Ros, carabinieri della sezione anticrimine di Trento e della Guardia di Finanza che hanno svolto anni di indagini e di intercettazioni, monitorando, osservando e fotografando anche gli incontri tra Hager, Signoretti e l’ex assessore Segala a Verona che è indagata con l’accusa di aver passato ai vertici di Signa Group, Hager e Signoretti, che tra l’altro con la loro società Supernova si occupano anche del recupero dell’ex Manifattura Tabacchi, documenti che li avrebbero favoriti nell’aggiudicazione della gara indetta da Ferrovie sistemi urbani per la riqualificazione dello Scalo merci (è indagato per questo anche l’allora manager Fs Lebruto). Gara poi vinta proprio da Signa Group come annunciato in grande spolvero nel corso di una conferenza stampa in municipio con sindaco, assessori e lo stesso Hager. Ma Segala, tramite il suo avvocato Forlani ha sempre sostenuto di aver dato solo comunicazioni pubbliche e ufficiali, nulla di riservato. Respinge ogni accusa sicura di poter dimostrare la propria estraneità alla vicenda.
Ma oltre a questa novità della conferma dei provvedimenti restrittivi che avvalorano il lavoro investigativo, se volete avere un’idea del livello in cui si muovevano questi manager che puntavano alle aree degradate di Verona per riqualificarle investendo centinaia di milioni di cui fa parte anche il filone veronese (oltre 220 pagine sulle 1650 sono riservate alla questione dell’ex Scalo merci) c’è un risvolto molto interessante di cui si è occupato ieri anche il Fatto quotidiano. I vertici della Signa group, vale a dire il commercialista Hager e il suo socio Signoretti, considerati i bracci operativi per l’Italia del magnate austriaco René Benko con il quale erano sempre in contatto, volevano presentare il l’imprenditore austriaco all’allora premier Draghi. Tra un giro a Verona e l’altro per incontrare il sindaco Sboarina e l’assessore Segala con sopralluoghi all’ex Tabacchi o allo Scalo merci, i vertici della Signa group stavano organizzando con l’appoggio di personaggi ben introdotti negli ambienti dei palazzi romani un incontro per arrivare a Draghi.
Obiettivo: presentare al premier il loro capo, René Benko, magnate austriaco sospettato di riciclaggio internazionale e colpito da custodia cautelare ai domiciliari dalla Procura distrettuale antimafia di Trento (ma a piede libero in Austria che ha respinto la richiesta di estradizione), e ormai con un fallimento enorme sulle spalle.
Ma proprio per mettere al sicuro i suoi affari nel 2021 i suoi soci volevano portarlo da Draghi come ha raccontato ieri il Fatto quotidiano in una nuova puntata di questa enorme inchiesta della procura di Trento. L’incontro è stato sempre ambito e inseguito ma non si è mai realizzato nei fatti anche se ci si è andati molto vicini. Tutto questo per confermare gli stretti rapporti di Hager, Signoretti e Benko con la politica italiana e la loro capacità di inserirsi nel tessuto economico, e istituzionale tanto che l’inchiesta di Trento accusa i tre di associazione per delinquere con l’aggravante della intimidazione mafiosa, corruzione, traffico di influenze, induzione indebita e turbata libertà degli incanti.

Benko diede il disco verde per Verona. Il magnate austriaco, in una telefonata, garantisce di avere le disponibilità economiche

Insomma, secondo i pm trentini Benko grazie ai suoi fidati Hager e Signoretti avrebbero messo in piedi una organizzazione in grado tessere una fitta rete di rapporti con la politica e le istituzioni portando avanti attraverso pagamenti e “intimidazioni”, presunte “speculazioni edilizie” in Trentino, Veneto e altre parti d’Italia.
Incontri che ci sono stati anche a Verona come ricostruito nelle carte dell’inchiesta tanto che nel settembre 2020 lo stesso Benko arriva in municipio a Palazzo Barbieri per incontrare il sindaco Sboarina e l’assessore Segala e confermare la volontà di investire a Verona. Del resto se l’ex Manifattura Tabacchi di proprietà ora di Supernova che fa capo a Hager e Signoretti riguarda 32 mila metri quadrati ben più importante è il piatto dello Scalo merci che riguarda 450 mila metri quadrati, investimento che Signoretti quantifica in 300 milioni. Proprio i due che erano stati a Verona per l’ex Tabacchi avevano segnalato a Benko la ghiotta occasione e il magnate austriaco si era precipitato in città. Sarà poi durante una telefonata tra Benko e Hager a inizio 2021 che l’imprenditore garantisce di avere le disponibilità economiche per nuovi investimenti nel Nord Italia. E di essere pronto per Verona. Insomma, Benko dà il disco verde. E infatti scatta tutto il meccanismo per presentare la manifestazione di interesse per il Central Park. E nel febbraio 2021 Signoretti comunicherà, secondo la ricostruzione degli investigatori, ad assessore e sindaco anche l’interesse di investire nell’area dismessa ex Cardi.
E per prepararsi a investire, gli uomini di fiducia di Benko frequentano spesso la nostra città con sopralluoghi, pranzi e cene: attorno a Hager e Signoretti ruotano, come risulta dalle carte dell’inchiesta, anche politici e professionisti veronesi (nessuno di loro è indagato), chi per passare informazioni, chi per dispensare consigli, chi per dare forme concrete di assistenza. MB

I guai giudiziari

Con la mega-inchiesta della Procura di Trento si allargano i guai giudiziari per il magnate austriaco Renè Benko, iniziati con il crac miliardario del suo gruppo Signa. Secondo quanto ricostruito dall’Ansa, nel paese di origine del 47enne sono in corso diversi procedimenti con vari filoni. L’ultimo riguarda il presunto “utilizzo a scopi personali” di oltre un milione di euro di fondi Covid per il suo albergo di lusso Chalet N a Lech am Arlberg, così gli inquirenti austriaci secondo il quotidiano Der Standard. La Procura anti-corruzione di Vienna (Wksta) sta facendo luce sul ruolo nel mega-crac del suo impero Signa. In Germania, invece, si sono attivate già la scorsa primavera le Procure di Berlino e Monaco, tra l’altro per l’insolvenza dello storico centro commerciale KaDeWe. Gli investigatori nel Liechtenstein stanno analizzando la rete di fondazioni del gruppo del tycoon e l’eventuale riciclaggio di denaro. L’arresto di Benko finora è stato chiesto solo dall’Italia, per l’inchiesta Romeo e per una serie di operazioni immobiliari nel nord Italia. L’avvocato di Benko, Norbert Wess, ha ribadito in merito la massima collaborazione del suo mandante con tutte le autorità, respingendo comunque le accuse. Ma perché il tycoon è a piede libero nonostante la richiesta di estradizione della procura di Trento? Perché l’Austria non prevede estradizione per questi reati.
Benko avrebbe dovuto scontare i domiciliari nella sua residenza di Sirmione, Villa Ansaldi, -come ricostruisce il Corriere della Sera- ma il tribunale regionale di Innsbruck si è opposto alla richiesta di estradizione della Procura di Trento (che per lui aveva emanato un mandato di cattura europeo). Facendo sapere, per tramite della sua portavoce, Birgit Fink, che «la consegna all’Italia non è ammissibile». Così René Benko, fondatore della Signa holding, resta a piede libero.
In base alla legge federale austriaca, «l’esecuzione di un mandato di arresto europeo è ammissibile solo a condizione che la persona di cui si richiede la consegna, una volta garantitole il diritto a essere ascoltata da un giudice, sia ricondotta in Austria ai fini dell’esecuzione della pena detentiva o della misura di sicurezza».
Insomma o in Austria viene aperto un nuovo procedimento di incriminazione sulla base di quello di Trento o si dovrà attendere almeno una prima condanna. In contumacia.