Spesso i minori che commettono reati tendono ad essere esclusi dalla società e questo perché vengono inquadrati come soggetti da cui è meglio stare lontani. Troppo facilmente si dimentica però che sono ragazzi molto giovani, anzi sempre più giovani, che nella maggior parte dei casi pagano una situazione di forte disagio familiare e di mancanza di punti di riferimento.
Secondo i dati del Ministero della Giustizia tra i nuovi ingressi nel sistema penale il 23,26 per cento è costituito da minori tra i 14 e i 15 anni, ragazzini che si trovano a fare i conti con pene da scontare o con percorsi di inserimento sociale.
Come fare perché da un fatto ‘negativo’ come può essere il reato di un minorenne, possa nascere qualcosa di positivo per il ragazzo in primis ma anche per la comunità in cui vive? Una risposta viene data dal progetto tra Zenit e Nadir, partito nel 2021 e finanziato dalla Fondazione Fare con i Bambini e di cui il Comune di Verona è partner insieme a Fondazione Don Calabria per il Sociale E.T.S, che costruisce percorsi di recupero individuali o di gruppo attraverso lo strumento della giustizia ripartiva, anche detta ‘giustizia amica dei minori.
La Giustizia Riparativa è una giustizia che affianca la giustizia ordinaria e non la sostituisce; rimette al centro i protagonisti, autore, vittima e comunità, ovvero tutti i soggetti che dal fatto reato sentono e vivono una frattura. Il fatto reato di per sé provoca una rottura sia tra le parti direttamente interessate ma anche con la comunità sociale nella quale loro stessi vivono. Se tale frattura non viene “curata”, anche attraverso un percorso, appunto, riparativo, resta dentro e fuori la vita di tutti quei soggetti che di tale dolore hanno risentito. La Giustizia ripartiva ridona ai protagonisti la possibilità di ricucire quel pezzo di dolore attraverso un incontro che viene accompagnato e valutato dai mediatori esperti che si fanno promotori di mettere tutte le parti le une di fronte alle altre, in modo che attraverso un ascolto di senso, empatico e circolare, possano tutte comprendere le diverse sofferenze e i differenti dolori. Un processo che i giovani effettuano per fasi, partendo dalla consapevolezza di quanto commesso e costruendo le condizioni perché i risultati del percorso ripartivo siano duraturi. L’ottica di partenza è che i giovani rappresentano la speranza per il futuro e a loro va restituita tutta la fiducia possibile.
Ad oggi sono 45 i giovani di Verona e provincia tra i 16 e 21 anni inseriti nel progetto, in parte segnalati dagli Uffici della Giustizia minorile, in parte dai Servici sociali del Comune.
“In una società anagraficamente sempre più vecchia – afferma l’assessora ai Servizi sociali Luisa Ceni -, i giovani sono la vera speranza per il futuro, per noi ciascuno di essi rappresenta una risorsa importantissima per la comunità, da qui la necessità di fare tutto ciò che è possibile per favorire il protagonismo giovanili e per prevenire situazioni di forte disagio familiare, che purtroppo sono spesso la causa di fenomeni di criminalità e devianza minorile”.
“E’ preoccupante il dato che tra i nuovi ingressi nel sistema penale il 23, 26 per cento sia costituito di minori di 14 e 15 anni – spiega Marilena Sinigaglia del Centro per la Giustizia Minorile di Venezia-. Emerge la necessità di una presa in carico precoce dei minori al momento del loro ingresso nel circuito penale, valorizzando il ruolo proattivo del terzo settore per promuovere intervento flessibili e tempestivi”.
“Abbiamo preso in carico 240 ragazzi di cui 45 sul territorio di Verona e provincia – ha spiegato il responsabile Fondazione don Calabria per il Sociale ETS di Verona Silvio Masin-. Le attività che stiamo mettendo in piedi sono l’accompagnamento di questi ragazzi nella consapevolezza del loro reato e un’attività ripartiva a volte nei confronti della vittima fisica o anche dell’ente locale”.