A volte la storia si scrive in giornate apparentemente insipide, come un piatto di pasta che ti vien servito in tavola fumante ma indietro di sale. Capita, e allora il sale ce lo devi mettere tu. È più o meno quanto succede il 29 settembre del 1973 in un grigio pomeriggio milanese, quando l’Italia di Ferruccio Valcareggi affronta in amichevole la Svezia in preparazione all’ultimo appuntamento con le qualificazioni ai mondiali tedeschi del 1974. L’Italia viene da una stagione folgorante: a giugno, nell’arco delle celebrazioni per i 75 anni della Figc, ha infilato due successi di grande prestigio rifilando un duplice 2-0 prima al Brasile a Roma e quindi cinque giorni più tardi all’Inghilterra a Torino. Due partite storiche: contro i brasiliani, la prima della due reti l’ha messa a segno Gigi Riva, che grazie a quel gol ha raggiunto a quota 33 marcature Peppino Meazza in vetta alla classifica dei cannonieri azzurri di ogni tempo; a Torino, l’Italia ha sconfitto per la prima volta nella sua storia l’Inghilterra spezzando così un incantesimo vecchio di quarant’anni. Il 14 novembre di quello stesso anno, gli azzurri completeranno l’opera andando a profanare il tempio di Wembley, grazie a una memorabile rete di Fabio Capello nel finale.
Ma torniamo a noi e a quell’Italia-Svezia del 29 settembre del 1973. Valcareggi le sue scelte le ha fatte da tempo e sta ora forgiando il gruppo che andrà a giocare il mondiale in Germania: l’ossatura dei “Messicani” è rinvigorita dai migliori prodotti emersi da un campionato che la Juventus ha vinto in un epilogo al cardiopalmo superando sul filo di lana il Milan, caduto rovinosamente nella “fatal Verona” e la Lazio di Tommaso Maestrelli battuta a Napoli.
Quello che Valcareggi esibisce a San Siro sarà l’undici che debutterà al mondiale tedesco, con la sola eccezione dell’inserimento di Giorgione Chinaglia per “Pietruzzu” Anastasi al centro dell’attacco. Le stelle svedesi sono il portiere Hellström (una sua papera su un tiro non certo irresistibile di Domenghini, ci ha regalato tre anni prima la vittoria sulla Svezia in Messico) e il ventiduenne attaccante Edström che ha appena lasciato il suo paese per andare a vestire in Olanda la maglia del Psv Eindhoven. Nel primo tempo la partita concede poco allo spettacolo. La musica cambia nella ripresa: Rivera dispensa una perla dopo l’altra e attorno a lui è tutta la squadra a trarne beneficio; un quarto d’ora e Anastasi la sblocca in tuffo di testa su traversone di Capello. L’appuntamento con la storia del calcio azzurro è poco dopo: minuto 66’, Rivera scodella in area, Anastasi gira a rete, Hellström respinge con una prodezza, ma proprio sui piedi di Riva che ben appostato deposita la palla in rete. Ne ha fatti di più belli, ma col 34mo centro Rombo di Tuono scavalca Meazza e firma il suo record. Raggiungerà quota 35 venti giorni dopo a Roma contro la Svizzera. Nessuno come lui, l’Hombre Vertical, l’inarrivabile. Il mito è nei numeri; e quelli, si sa, non sono mai un’opinione.
Elle Effe