Nulla di fatto. Neanche questa volta il testo base sull’autonomia è arrivato in Consiglio dei ministri. Il vertice tra il premier Conte, i due vice Salvini e Di Maio e altri esponenti del governo gialloverde tra cui il ministro competente, la leghista Stefani, non è servito a sbloccare la partita tanto cara al Carroccio e, soprattutto, ai milioni di veneti e lombardi che il 22 ottobre 2017 hanno votato a favore della storica riforma. La questione è semplice: il Movimento 5 Stelle, che pure ufficialmente ha sostenuto il referendum, non vuole perdere voti al Sud, sua roccaforte elettorale. La Lega, invece, sa di non poter far aspettare ancora l’elettorato delle due regioni più produttive d’Italia: il contraccolpo, in termini di voti, potrebbe essere pericoloso. Il testo dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la settimana prossima. Il passo successivo sarà la convocazione dei presidenti del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna per arrivare alla firma dell’intesa tra il governo e le Regioni. Dopodiché, anche se i tempi sono tutt’altro che certi, ci sarà il passaggio parlamentare, e a quel punto saranno fuoco e fiamme tra gli ex padani e i pentastellati. La Lega vorrebbe che il testo arrivasse alle Camere come semplice atto informativo del premier, il Movimento pretende invece che ogni commissione possa dare il proprio parere, con la possibilità di emendare in aula ogni singolo articolo. Il che, si capisce, bloccherebbe tutto. Di Maio ha provato a gettare acqua sul fuoco, ma il clima nella maggiorana è rovente e il suo tentativo suona come un ulteriore guanto di sfida al Nord: «Sarà un’autonomia equilibrata, fatta bene, che gioverà a tutto il Paese. Non penso che qualcuno voglia tornare ai tempi della secessione della Padania, e non ho motivo di dubitare che sapremo trovare insieme la migliore soluzione, ma alcune posizioni più estreme mi preoccupano. Non si può pensare di impoverire ancora di più regioni come la Puglia, la Calabria, la Sicilia, ma anche l’Abruzzo, il Lazio, le Marche, il Molise, la Campania e l’Umbria» ha proseguito il capo dei 5 Stelle. «Di meno ospedali, meno scuole e strade sempre più in dissesto non se ne parla. Ma sono certo che alla fine prevarrà il buonsenso». Il governatore veneto Zaia ha perso la pazienza: «E’ un dibattito lunare, sono deluso. Finiamola con queste manfrine del Paese di Serie A e B. Il Paese è già così e non per colpa delle autonomie. Trovo lunare» ha rincarato la dose «che quello che ha 10 e lode deve studiare di meno per non far fare brutta figura all’asino. Questo governo ha l’opportunità di scrivere la storia. I 5 Stelle volevano bloccare anche le Olimpiadi e noi abbiamo dimostrato come si fanno le cose». Anche il collega lombardo Fontana è andato giù duro: « «Evidentemente Di Maio non ha letto la riforma, altrimenti non avrebbe detto una cosa simile». Insomma: ormai si è aperto ufficialmente un ulteriore terreno di scontro nel governo. Veneti e lombardi non vedono l’ora che la Lega si sbarazzi dei grillini.