Dopo la fine della prima guerra arabo-israeliana tutte le parti coinvolte non rispettarono e non applicarono molti articoli delle Risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU n. 181 (partizione del territorio palestinese in due stati) e n. 194, in particolare il libero accesso ai luoghi sacri, la smilitarizzazione e il controllo ONU di Gerusalemme e le tutele e le garanzie per i rifugiati. Non essendo disposizioni giuridicamente vincolanti (ius cogens), ma solo raccomandazioni, israeliani e stati arabi ignorarono completamente la risoluzione n 181, che prevedeva la formazione di uno stato palestinese.
Israele, al termine della guerra, estese i confini del suo territorio dal 56,47% dell’intera regione, come stabilito dalla risoluzione 181, al 78%, inglobando anche l’area internazionale di Gerusalemme e la città antica a eccezione di Gerusalemme Est.
La Transgiordania annetté la Cisgiordania, chiamata West Bank, e Gerusalemme Est, trasformandosi in Regno di Giordania.
La striscia di Gaza fu invece occupata dall’Egitto. I circa 160.000 palestinesi, rimasti nel neonato stato israeliano, vennero sottoposti a governo militare, mentre i 700.00 palestinesi che lasciarono le località di residenza passate sotto l’autorità israeliana, furono rinchiusi nei campi profughi, diventando cittadini in Giordania e rimanendo non cittadini nella striscia di Gaza.
La causa del popolo palestinese fu, perciò, completamente disattesa anche da parte araba: “furono i paesi arabi – non gli ebrei – a rifiutare la spartizione e a entrare in Palestina”, come osserva lo storico Paolo Maltese.
Il palestinese Amin al-Husseini, leader nazionalista radicale degli anni trenta, gran muftì di Gerusalemme e acerrimo oppositore alla creazione dello stato di Israele, sostenne, a distanza di tempo dalla sconfitta araba del 1948, che l’attacco contro Israele non ebbe mai lo scopo di liberare la Palestina, ma fu piuttosto dettato dalle ambizioni territoriali degli Stati arabi.
E affermò che gli arabi mai pensarono di “formare uno stato palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania fino a che restarono nelle mani arabe, cioè fino al 1967; né vorrà pensarci la stessa OLP, che verrà fondata nel 1964 e che anch’essa rifiuterà ripetutamente di accettare una simile ipotesi”.
Lo stato di Israele, pur non avendo rispettato e non stesse applicando quanto stabilito dalle due Risoluzioni ONU, l’11 Maggio 1949 fu ammesso come 59° membro delle Nazioni Unite con 37 voti favorevoli, 18 contrari e 9 astensioni.
Romeo Ferrari, decente di storia e filosofia