“Fuori casa, mi urlano “bianco”. L’incredibile viaggio di Stefano Mazengo, titolare in serie A ugandese, un “razzismo inverso”

Tra i tantissimi calciatori che sbarcano in Europa sperando di sfondare, ce n’è uno che ha fatto il percorso opposto. Un ragazzo nato a Trento, promessa calcistica nelle giovanili dell’Hellas Verona.
Si chiama Stefano Mazengo Loro, ha 26 anni, ed è stato ingaggiato dal “Kampala Capital City Authority Football Club”, con un contratto biennale. L’unico calciatore di una squadra professionistica ugandese, ad avere la pelle bianca. L’incredibile storia di Stefano, che mosse i suoi primi passi proprio sul campo della società scaligera, è comparsa pure sulle pagine del quotidiano
Avvenire.
“Sono nato in Italia ma l’Africa è nella mia vita da prima di me. I miei nonni materni, medici, si sono sposati e sono partiti per il Kenya. Mia mamma è nata lì, ed ha vissuto in Kenya qualche anno prima di venire in Italia: ha fatto il percorso inverso a me. I miei si sono conosciuti in Tanzania nel 1988, a Dodoma. Io sono nato nel ’94, ed ho vissuto tra Trentino e provincia di Padova: fino agli 11 anni sono rimasto in Italia, finché in estate siamo partiti per l’Africa. All’inizio,anche per la lingua, è stato difficile integrarsi, c’è stato un cambio radicale. Poi è successo grazie al calcio, finché l’Uganda e Kampala non sono diventate la mia seconda casa”.
Racconta Stefano: “Sono diventato professionista da poco. Mentre stavo aspettando una risposta di lavoro da Norimberga che poi non si è concretizzata, mi hanno chiamato per una prova con il Kcca FC, storico club della massima serie ugandese. L’esito positivo del provino mi ha permesso di firmare il mio primo contratto”.
Stefano, laureato e manager mancato con l’Africa nel cuore, è il protagonista di una storia non solo dai risvolti positivi, essendo spesso vittima di insulti razzisti. “Ogni volta che giochiamo fuori casa i tifosi avversari mi insultano. La mia colpa è quella di essere bianco. Sui social ho subito attacchi di ogni tipo. All’inizio stavo malissimo, poi un po’ mi sono abituato. Ma comprendo perfettamente cosa possano provare, all’inverso, i calciatori di Serie A. Qui chi usa questo tipo di provocazione per offendermi, lo fa soprattutto per ignoranza. Non tutti conoscono la mia storia”.
E sul livello del calcio africano invece, Stefano ha pochi dubbi: “In Italia ero tra i più
bravi a livello tecnico. Qui non lo sono mai stato, ma neanche lontanamente. Hanno quel tocco di
palla fatato di chi ha giocato per strada senza scarpe adatte e con palloni improvvisati. È vero, manca la tattica e ed il senso di posizione. Forse è per questo che il mister mi schiera alla Busquets. Ma il potenziale è enorme. Come dimostrano quelle umiliazioni ai club del Vecchio Continente, degli anni addietro”.
Fabio Ridolfi