I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Verona, hanno eseguito un’importante operazione a contrasto delle frodi in campo IVA e in materia di indebite percezioni di fondi garantiti dallo Stato.
Le Fiamme Gialle della Compagnia di Legnago, hanno infatti dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per 5 persone (4 uomini e una donna) indagati per associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale e alla percezione di erogazioni pubbliche per svariati milioni di euro.
Oltre al provvedimento cautelare personale, emesso dal Gip del Tribunale di Verona su richiesta della Procura della Repubblica, i finanzieri hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo, nei confronti dei principali indagati, per un ammontare complessivo di oltre 3 milioni di euro.
Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Legnago, hanno preso le mosse circa due anni fa da una delega di indagine per reati fallimentari nei confronti di una società che in precedenza aveva sede in altra provincia veneta. Le attività investigative, condotte in maniera trasversale e approfondita, hanno da subito fatto emergere gravi anomalie fiscali. La società, attiva nel commercio di pellet e di ferro, pur risultando formalmente gestita da un mero prestanome, di fatto era amministrata da tre soggetti, appartenenti ad una famiglia di imprenditori del basso veronese. Questi ultimi, nel tempo, dopo aver utilizzato l’azienda come strumento per perpetrare una ingente evasione fiscale, l’hanno portata al fallimento attraverso la distrazione sistematica di merci, beni strumentali e liquidità aziendale a favore di altre società (sempre riconducibili ai medesimi amministratori di fatto).
Il metodo per frodare il fisco consisteva in sintesi nell’operare, tramite questa azienda (poi fallita), acquisti fittizi di merce e successive false cessioni intracomunitarie verso società estere di comodo, così ottenendo a favore della prima – in maniera indebita – lo status di esportatore abituale.
Tale condizione ha comportato la generazione, in capo alla società, di un plafond IVA (evidentemente non spettante proprio perché fondato su false cessioni comunitarie) utilizzato per acquistare beni senza il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, permettendo così all’impresa di operare una concorrenza sleale rispetto agli altri operatori economici.
Dopo il fallimento della società, i 3 soggetti – ritenuti dagli investigatori la mente della frode – hanno utilizzato una nuova società (rappresentata legalmente da un ex dipendente della fallita), sempre gestita da loro, che ha proseguito con il medesimo modus operandi.
L’attività di polizia tributaria e giudiziaria svolta dalle Fiamme Gialle scaligere ha permesso di acquisire importanti elementi per sostenere che gli amministratori di fatto, con il concorso di prestanome, abbiano costituito una vera e propria un’associazione a delinquere dedita alla sistematica emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti per circa 15 milioni di euro.
Inoltre, attraverso la falsa attestazione dei dati di bilancio ha richiesto e ottenuto sette finanziamenti garantiti dallo stato con il cosiddetto decreto legge “Cura Italia’’ legato all’emergenza Covid per oltre 2 milioni di euro, che sono stati comunque sequestrati. Lo stesso è avvenuto per i conti correnti da 100 mila euro per un’auto, 5 immobili e quote di oltre 20 terreni.