“Quello che cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene” sosteneva Robert Doisneau, il fotografo parigino specializzato nella “street photography”, protagonista della mostra a lui dedicata, allestita al Palazzo della Gran Guardia di Verona e aperta fino al prossimo 14 febbraio 2024.
La retrospettiva, con i suoi oltre cento capolavori in bianco e nero, è curata da Gabriel Bauret, patrocinata dal Comune di Verona e promossa da “Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo”.
Al percorso espositivo, creato per analizzare le tematiche ricorrenti di una lunga carriera (guerra e liberazione, infanzia, amore, famiglia, lavoro, tempo libero e arte) si collegano un’intervista al curatore, alcuni spezzoni del film “Robert Doisneau. Le Révolté du merveilleux” di Clémentine Deroudille (nipote del fotografo) e un catalogo di “Silvana Editoriale”. Il progetto, attraverso immagini famose alternate a visioni meno note, espone una piccola parte dalla collezione di circa 450.000 foto dell’Atelier “Robert Doisneau a Montrouge” e regala scatti di una “vita che scorre” con le emozioni vere della quotidianità cittadina.
L’artista appartiene a una corrente estetica, attiva fino agli anni Sessanta del Novecento in Europa, definita “umanista” (della quale la “street photography” è un filone) che riserva speciale attenzione alle classi povere della periferia urbana e pone le persone, inserite nel contesto esistenziale di provenienza, al centro dell’indagine.
La Parigi visualizzata da Doisneau è non convenzionale e totalmente altra rispetto a quella veicolata dal cinema, dalla pubblicità o dall’universo della moda. I suoi soggetti sono spontanei e umili, rappresentati, grazie a un sapiente utilizzo di luci e ombre, in una silenziosa normalità o in momenti di festa. Si tratta, in particolare, di bambini intenti a giocare per le strade e di adulti considerati “ultimi” nella scala sociale, che vivono di stenti e lavorano sporcandosi le mani in botteghe e fabbriche. Negli scatti, emergono donne e uomini che provano esperienze dure ma comunque ricche di relazioni e momenti di serenità.
Il “realismo poetico” che si crea fa emergere scene di forte impatto visivo, spesso umoristiche, per le quali il contesto e le figure riprodotte sono necessarie al discorso esistenziale che si vuole sottolineare. La corrente umanista si ripromette di stimolare un ritorno alla tolleranza, all’uguaglianza, ai diritti e, più in generale, a tutti quei valori tragicamente calpestati dalla guerra. Tra le opere in mostra a Verona è presente anche l’iconica “Le Baiser de l’Hôtel de Ville” (immagine guida dell’iniziativa realizzata nel 1950 per la rivista americana “Life”) che immortala, tra una folla senza meta apparente, il leggendario bacio di due innamorati davanti al Municipio della città (la protagonista del bacio, Françoise Bornet, è deceduta proprio in questi giorni all’età di 93 anni ma, nell’immaginario collettivo, rimarrà per sempre la ventenne dello scatto).
La Bornet era scomparsa il giono di Natale, ma la notizia è stata diffusa dopo Capodanno.
Le proposte dell’artista comunicano percezioni acute e partecipate nelle quali l’incontro di sguardi restituisce il variegato reportage visivo di una Parigi concepita come palcoscenico di un grande teatro.
Tramite una simile ricerca, la fotografia ci racconta sentimenti, desideri e dignità delle persone. Il risultato, tangibile, è una continua “registrazione” del mondo circostante dettata, ci spiega Doisneau, dalla ”straordinaria voglia di vedere” propria di ogni essere umano.
Chiara Antonioli