“Fanciulle, qual valente cantore tra voi s’aggira, più soave tra tutti, e che più gaie vi rende? È un cieco”: si apre con questi versi di Omero il progetto “Fotografia al buio”, un originale punto di vista sulla città ospitato al Museo Archeologico Nazionale, in Stradone San Tomaso, nel centro di Verona.
“Fotografia al buio”
L’iniziativa, ideata e curata dal fotografo Sergio Maria Visciano e dalla direttrice del Museo Giovanna Falezza, è organizzata dalla Direzione Regionale Musei Nazionali e da UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) con la partecipazione di AGSM AIM e Lions Club Verona Arena.
La bella sede del Museo, contenitore di preziosi reperti archeologici del territorio veronese (raccolti in varie sezioni storiche, in continua espansione), per l’occasione sviluppa un inedito percorso fotografico che stimola, racconta Visciano, “la creatività di persone ipovedenti e non vedenti attraverso l’introduzione al linguaggio fotografico, con una grammatica di tipo tattile e descrittivo”.
La proposta, spiega ancora il curatore, potrebbe apparire assurda “perché condizionata dalla convinzione che la percezione della realtà avvenga, per lo più, attraverso il senso della vista”. L’idea del corso (e del successivo itinerario narrativo negli spazi del Museo) scardina questo presupposto e fa diventare tangibile una scommessa: rendere visibile l’invisibile.
Dopo una fase di studio dei processi percettivi riscontrati nelle persone ipovedenti e non vedenti, Visciano organizza, per sette aderenti all’Unione Italiana Ciechi, un corso di fotografia (con lezioni frontali, esercitazioni, sperimentazioni tattili e ascolto di podcast) finalizzato a promuovere lo studio e l’apprendimento in modo interessante e agevole. Il risultato, dichiara oggi Visciano, ha fatto emergere “grandi capacità intuitive e determinazione nella scelta delle riprese, sia dal punto di vista compositivo che della tecnica”.
La sorpresa maggiore, racconta ancora il fotografo, “è stata la precisione e la determinazione con cui le persone partecipanti al corso hanno scelto soggetti e modalità di ritratto della realtà”. Il coinvolgimento si è, infatti, tracciato in totale autonomia “strutturando un dialogo aperto e virtuoso con il proprio progetto fotografico”.
L’accessibilità dell’arte
L’iniziativa del Museo Archeologico Nazionale focalizza l’attenzione su un forte messaggio di accessibilità dell’arte e sceglie di entrare in contatto con il mondo circostante valorizzando tutti i nostri sensi.
Sotto l’attenta guida del fotografo Visciano, le protagoniste e i protagonisti della sfida (Silvia Cepeleaga, Giorgio Gagliardi, Angela Gianesella, Mattia Grella, Paolo Lizziero, Maurizio Turra e Laura Veronesi), usando la loro innata sensibilità di non vedenti o ipovendenti e attingendo a una profonda conoscenza sensoriale alternativa alla vista, svelano ai nostri occhi (ma anche al tatto e all’udito) scatti fotografici capaci di interpretare, in modo autonomo e sorprendente, spaccati di realtà.
Ogni opera del percorso, per una migliore integrazione sensoriale, è accompagnata da litofanie tattili a rilievo che, sfiorate con i polpastrelli, consentono di percepire la rappresentazione di oggetti concreti, ritratti, immagini architettoniche e scorci naturalistici.
Si unisce all’itinerario una sessione che riproduce, in stampa tridimensionale, alcuni reperti archeologici della collezione per un’esperienza, nel suo insieme, accessibile ed esplorabile. Ne esce una narrazione multisensoriale, composita e ricca, che restituisce visioni singolari della città e delle relazioni. Una lezione di vita che rende la parola “impossibile” un limite più mentale che reale.