Dopo aver spento le sue prime ottanta candeline, un magnate dell’industria farmaceutica decide che è giunta l’ora di lasciare ai posteri un retaggio culturale. Per riuscire nel suo intento, dunque, investe in un film da affidare alle mani esperte dell’eccentrica e rinomata regista Lola Cuevas (Penélope Cruz). Per quanto riguarda la scelta del cast, Lola non ha nessun dubbio: il navigato maestro della recitazione teatrale Ivàn Torres (Oscar Martínez) e il divo donnaiolo del cinema pop Félix Rivero (Antonio Banderas) sono perfetti per vestire i panni dei protagonisti Pedro e Manuel, due fratelli rivali in tutto.
Le premesse sono ottime e tutto sembra pronto per partire ma, appena iniziano le prove, la geniale cineasta si trova a dover arbitrare con fatica uno scontro titanico tra gli ingombranti ego dei due attori, la cui crescente rivalità professionale mette a dura prova la realizzazione del film.
Presentato in concorso alla 78ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Finale a Sorpresa – Official Competition dei già applauditi registi argentini Gastón Duprat e Mariano Cohn ha conquistato immediatamente sia il pubblico che la critica.
Del resto, questa divertente e originale commedia ha tutte le carte in regola: ritmo scoppiettante, buona energia, sceneggiatura arguta. A portare sulle spalle il successo del film sono però, innegabilmente, le magistrali interpretazioni dei tre attori protagonisti: se, da un lato, abbiamo la potentissima versione comica dell’archetipo Caino-Abele del duo Banderas-Martínez, dall’altro troviamo una Penélope Cruz che riesce a centrare perfettamente il suo complesso ed esilarante personaggio, regalandoci forse la più riuscita tra le sue interpretazioni comiche.
Nonostante sia una commedia godibile e brillante, per comprendere appieno gli aspetti più profondi di significato e ironia essere amanti del cinema è comunque un requisito fondamentale. Infatti, la narrazione gioca moltissimo sulla costruzione di situazioni comiche che riproducono dinamiche tipiche dello show business: capricci da divi, intellettualismi, manie di protagonismo, ambigui retroscena; nessuno dei cliché noti al mondo della settima arte viene dimenticato. Al contrario, ognuno di questi aspetti viene estremizzato fino a raggiungere il grottesco, il paradosso, l’assurdo: con l’avanzare del racconto il confine tra realtà e puro artificio stilistico continua così ad assottigliarsi, fino a raggiungere picchi di inverosimiglianza e sarcasmo ai limiti di un pretenzioso non sempre ammissibile per un pubblico generalista. Un piccolo sforzo di interpretazione fa comunque il gioco dell’intera esperienza di visione, che resta una delle più innovative e intelligenti mai viste nel recente panorama cinematografico.
VOTO: 8