Filippi archiviato, Mercurio incrinato Svolta nell’inchiesta, il collaboratore di giustizia (utilizzato da Report) si sarebbe inventato tutto

Ario Gervasutti
Ario Gervasutti

Una notizia che ne contine almeno due.

La prima è che la procura antimafia di Venezia ha chiesto l’archiviazione per le accuse all’ex senatore della Lega e imprenditore Alberto Filippi, vicentino, di essere stato il mandante dell’attentato contro l’ex direttore del Giornale di Vicenza Ario Gervasutti.

La seconda è che l’archiviazione arriva perché le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Mercurio sono risultate inattendibili, tanto che dopo mesi di indagini e riscontri e intercettazioni i giudici scrivono che si ingenera il dubbio che “Filippi non abbia mai dato l’incarico di intimidire il giornalista Gervasutti” e che si accerta “una perdita di credibilità del Mercurio le cui dichiarazioni non sono idonee a provare le responsabilità dei soggetti da lui chiamati in correità”.

Il collaboratore di giustizia si sarebbe inventato tutto.

Di aver ricevuto dall’industriale vicentino ed ex onorevole leghista Alberto Filippi il mandato di organizzare un attentato contro la casa di un giornalista.

Di aver chiesto allo zio, muratore, di andare a Padova e sparare cinque colpi di pistola contro l’abitazione di Ario Gervasutti, già direttore del Giornale di Vicenza dal 2009 al 2016, poi caporedattore del Gazzettino. Di aver incassato 25 mila euro da Filippi quale pagamento.

L’inchiesta era nata nel 2020 con la ­­­­­­confessione di Domenico Mercurio, diventato collaboratore di giustizia, la Procura antimafia di Venezia ha chiesto l’archiviazione del procedimento.

In realtà Mercurio chiedeva a Filippi altri soldi per lavori di ristrutturazione eseguiti nella sua abitazione. Da qui la manovra per recuperare il credito.

E Mercurio è lo stesso collaboratore di giustizia protagonista dell’ultima puntata di Report che ha tirato in ballo presunti legami della ‘ndrangheta con personaggi politici veronesi tra i quali Stefano Casali e Flavio Tosi.

“La credibilità soggettiva del collaboratore di giustizia e l’esistenza di riscontri estrinseci vanno riconsiderati alla luce delle produzioni difensive del Filippi, che in certa misura incrinano il giudizio di attendibilità”, scrivono infatti i Pm Cherchi e Buccini.

“Filippi è la vittima di un comportamento altrui calunnioso”, concludono gli avvocati Cesare Dal Maso e Renzo Fogliata che hanno smontato un castello di accuse rivelatosi fondato su testimonianze non credibili.