«Non siamo speculatori che nascondono le mascherine chirurgiche aspettando che i prezzi si alzino, ma molto semplicemente quelle promesse dal Governo non le abbiamo ancora ricevute. Chiediamo rispetto per una categoria che non ha “chiuso” un giorno, anche senza le necessarie protezioni, dall’inizio dell’emergenza Covid-19 quando i Pronto Soccorsi erano blindati e gli ambulatori dei Medici di medicina generale a ritmo ridotto». La presidente di Federfarma Verona Elena Vecchioni si fa portavoce del forte disagio dei farmacisti veronesi che in questi mesi sono rimasti sempre e comunque a fianco della popolazione anche quando venivano, e vengono ancora, “insultati” senza motivo.
«Le poche mascherine che si trovano nelle farmacie di Verona e provincia a macchia di leopardo sono quelle che faticosamente e in quantitativi limitati alcuni di noi riescono a reperire nel mercato legale e mettono a disposizione dell’utenza in maniera contingentata per potere soddisfare, quando appunto si può, il maggior numero di famiglie – continua Vecchioni -. La stessa cosa vale per guanti e alcol che sono in forte carenza. Ritengo che sia doveroso il rispetto alle farmacie e a tutti coloro che vi lavorano perché stiamo operando alacremente per fare il nostro dovere anche quando dalla sera alla mattina apprendiamo, e dagli organi di informazione, notizie fondamentali, come quella del 27 aprile relativa alla calmierazione dei prezzi delle mascherine chirurgiche a 50 centesimi dimenticandosi dell’IVA al 22% (prezzo finale 61 centesimi, quindi, e oltretutto senza che nessuno abbia ancora messo mano alla ventilata abolizione di questo balzello che considera le mascherine un “bene di lusso”). Al di là del fatto che in quell’occasione la mattina dopo abbiamo dovuto difenderci noi dagli utenti infuriati che ci accusavano di ladrocinio, spiegando, ovviamente non creduti vista la rabbia ingiustificata che montava nei nostri riguardi, che per la legge antiriciclaggio, non potevamo vendere sotto costo un prodotto acquistato a prezzo superiore, ma lo abbiamo potuto legalmente fare subito dopo, solo a seguito di un provvedimento in deroga emanato dal Governo. E riteniamo che la categoria interessata più direttamente avrebbe dovuto essere interpellata prima. Federfarma, inoltre, aveva espresso da subito preoccupazioni sulla futura irreperibilità, preoccupazioni poi concretizzatesi dato che la catena distributiva del farmaco è conosciuta in ogni suo passaggio dai farmacisti abituati a procurare nel più breve tempo possibile ogni categoria di farmaci, colloquiando con grossisti e fornitori non per telefono, ma via modem con la velocità della fibra.
Tutelare la nostra dignità professionale e umana – conclude Vecchioni – significa anche ristabilire i giusti rapporti con il cittadino, per il suo bene, spiegandogli nel dettaglio quali sono i complessi e anche per noi deleteri meccanismi che regolano un mercato sicuramente alterato, ma sicuramente non dai farmacisti che mentre la normativa continua a cambiare, continuano a morire contando oggi a livello nazionale 17 decessi e 1.000 contagiati nell’assolvimento del proprio dovere».