Ci vuole pazienza, certo, ma la pazienza comincia purtroppo a scarseggiare. Ci vuole (anche) coraggio, ma forse siamo un po’ tutti parenti di don Abbondio. Ci vogliono idee chiare e in questo momento è molto difficile averne, ammettiamo anche quello. La premessa è doverosa, ci mancherebbe. Usciamo (anzi, non siamo ancora usciti) da una “rivoluzione” che è fisica, psicologica, mentale, economica, sociale. Una svolta epocale, qualcosa che “…nulla sarà mai come prima”. Però…
Siamo (anche) il paese delle commissioni e delle sottocommissioni. Dei tavoli e dei “tavolini” di lavoro. Dei gruppi e dei sottogruppi, dei presidenti, dei vicepresidenti e dei segretari.
Siamo specialisti nel chiedere di sburocratizzare le procedure che noi stessi abbiamo “burocratizzato” fino all’inverosimile. Da noi è complicato tutto, forse anche per questo, come ormai in molti hanno ammesso, “siamo stati i primi a entrare nel tunnel e saremo forse gli ultimi a uscirne”.
Beh, sia come sia, adesso serve un colpo d’acceleratore, che non vuol dire prendere decisioni azzardate, ma “prendere decisioni”. Abbiamo un’economia devastata. Una scuola a pezzi. Abbiamo, anche, scienziati che tutto il mondo ci invidia. Forse (senza forse?) non abbiamo i politici che tutto il mondo ci invidia, ma non è che gli altri stiano poi tanto meglio. Adesso servono sintesi, intuizioni, scelte.
Non possiamo ogni volta complicarci la vita da soli: sono settimane che parliamo di tamponi ed esami sierologici, salvo aggiungere (sempre) che “dovrebbero essere disponibili nei prossimi giorni”. Fino a farci venire un dubbio atroce: ma esistono questi “prossimi giorni”?