“”Mi piacerebbe che la città ci ricordasse come una famiglia che ci ha messo la faccia, che ha fatto tutto quello che poteva, per la squadra della città. Mi piacerebbe soptrattutto per papà”. Già, papà Eros, soprattutto. “Lui era il folle, della famiglia. Quando decidi di entrare in una società di calcio, lo fai soprattutto spinto dalla passione. Sei tifoso, ti senti coinvolto, vai. Non pensi a niente, sei disposto a tutto, pur di far felice la gente che incroci per strada, i tifosi…Papà era così. Nel Verona c’era già stato negli anni’60, poi, quando è stato il momento, è stato lui, per primo, a rispondere all’appello. La rilevammo dal fallimento, la restituimmo alla città, portammo il Verona in serie A, regalandogli grandi giocatori. E pazienza se poi le cose non andarono come avremmo voluto…”.
“Un folle” dice con un sorriso. “Papà era così. Io ero la parte razionale, dovevo a volte contenerlo, o provare a farlo. Ancora prima di entrare, aveva già deciso. “Prendiamo Stojkovic”. Se n’era innamorato ai Mondiali del ’90, così ci trovammo presto davanti a Tapie, il Berlusconi di Francia, titolare del Marsiglia. E prendemmo Stojkovic, che allora, probabilmente, era tra i primi giocatori al mondo. Rotto? No, non è così. Dragan veniva da un grave infortunio, questo sì, ma era guarito del tutto. Doveva soltanto recuperare un po’, il problema fu la squalifica di 6 giornate per l’espulsione in un’amichevole estiva. Lì perse del tempo e noi, questo è vero, lo gestimmo male. Pensa che ce lo chiese Berlusconi, giusto per capire di che giocatore parliamo. “Ce lo prestate, abbiamo un’amichevole a Madrid, non abbiamo gli olandesi, così almeno fa una partita vera”. In realtà, col senno di poi, non avremmo dovuto darglielo, ma farlo rimanere ad allenarsi a Verona. Perse tempo, poi, quando rientrò, solo a sprazzi riuscì a far vedere tutto quello che valeva. Lui era un fuoriclasse…Peccato”. Fu l’inizio della fine. “La realtà è che Verona ha sempre contestato i presidenti e ben presto capimmo che non sarebbe stato facile. Del resto, se pensate a come venne trattato Chiampan…Lui, l’uomo che portò lo scudetto a Verona, vogliamo ricordarlo? Lui, che lasciò la carica di presidente a Tino Guidotti, brava persona, ma aveva solo 5 azioni del Verona. Il passaggio di consegne doveva essere soltanto formalizzato, ma per questioni di scaramanzia, non venne mai perfezionato. Il Verona vinceva, “…lasciamo stare, andiamo avanti così” disse Chiampan. E così, lasciò a Guidotti la carica di presidente dello scudetto.
Anche per la famiglia Mazzi vennero presto tempi bui. “Papà era morto,profanarono persino la sua tomba. Ma il peggio furono gli insulti alla mamma,le telefonate di notte… Io, Alberto e Paolo ci guardammo: “ma chi ce lo fa fare?”. E così, decidemmo di cedere la società a Pastorello. Una società in ordine con i conti, solida, stabile. Il nostro l’avevamo fatto”.
E quando ci ripensa, “…noi siamo in pace con la nostra coscienza, come lo era papà. Per questo vorrei che la gente lo ricordasse per quello che ha dato, la passione, l’amore per la squadra e per la città. Io credo che chi vuole bene al Verona, vorrebbe ancora alla guida uno come papà Eros”.
R.Tom.