I due combattimenti risorgimentali nel territorio di Custoza sono raggrumati nella torre sul colle Belvedere che raccoglie le ossa di 1.894 soldati italiani, austriaci ed ungheresi. Dapprima sepolti in cimiteri e fosse occasionali attorno ed esumati con il coordinamento del conte Carlo Gazola, si sono fronteggiati nella sanguinosa battaglia (del 25 luglio 1848) della Prima guerra d’indipendenza (combattuta dal 23 marzo 1848 al 22 agosto 1849, tra il Regno di Sardegna, volontari italiani e l’Impero austriaco) e nell’altrettanto cruento scontro (del 24 giugno 1866) della Terza guerra d’indipendenza (avvenuta dal 20 giugno al 12 agosto 1866), tra il Regno d’Italia e l’Impero austriaco.
A Custoza e dintorni, per la sterile cronaca, nella Prima guerra i piemontesi contarono 212 morti, 657 feriti e 270 prigionieri mentre gli austriaci ebbero 175 morti, 723 feriti e 422 tra prigionieri e dispersi. Durante la Terza guerra, nella stessa località, gli italiani subirono 714 morti, 2.576 feriti e 4.101 tra prigionieri e dispersi, gli austriaci registrarono 1.170 morti, 3.984 feriti e 2.802 dispersi e prigionieri. Carneficine soprattutto di giovani vite… La struttura dell’ossario, ben visibile da lontano, s’innalza per circa 40 metri, su una base ottagonale larga una decina di metri con quattro scalinate ed un obelisco, nel segmento superiore, alto 17 metri. I capitelli marmorei mostrano decorazioni vegetali stilizzate e si devono allo scultore Salesio Pegrassi (Verona, 12 novembre 1812 – Verona, 6 dicembre 1879). Gli altri lati corti del basamento includono finestre a bifora, ad altezza di terra, studiate per permettere alla luce solare di penetrare nella cripta.
Il monumento nell’area di 300 mq prescelta fu edificato tra il 1877 ed il 1879 per decisa volontà di don Gaetano Pivatelli (Rosegaferro, 1832 – Custoza, 1900), parroco di Custoza dal 1872 e sepolto nel cimitero della frazione fino al 1990 quando le sue spoglie vennero trasferite nella cripta, accanto ai tanti giovani deceduti. Per perorare la sua causa si rivolse perfino al re d’Italia Vittorio Emanuele II ed all’imperatore d’Austria e re d’Ungheria Francesco Giuseppe I, ottenendone il sostegno. Per la realizzazione della torre fu indetto un concorso nazionale al quale partecipò una sessantina di architetti ed ingegneri di varie parti d’Italia con ben 82 progetti. La spuntò l’architetto Giacomo Franco (Verona, 11 febbraio 1818 – Verona, 28 giugno 1895) che ottenne l’incarico. L’opera venne inaugurata il 24 giugno 1879 da Amedeo Ferdinando Maria di Savoia (Torino, 30 maggio 1845 – Torino, 18 gennaio 1890), figlio del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, capostipite del ramo Savoia-Aosta.
Nell’ambulacro circolare della cripta sono custodite ossa umane ordinatamente accatastate mentre molti teschi sono allineati su balaustre lapidee, sui muri perimetrali e della struttura centrale, senza alcuna salvaguardia e, fino a qualche tempo fa, alla mercé di “cacciatori di souvenirs” (soprattutto denti ma non solo) dai gusti alquanto macabri.
Il ballatoio a mezz’altezza, raggiungibile internamente tramite una sessantina di gradini, permette un’esclusiva visione del panorama attorno a 360° (con località individuabili anche grazie ai segni direzionali incisi sul corrimano) e consente l’accesso ad una stanza con vetrinette contenenti reperti delle battaglie risorgimentali, tra cui armi ed oggetti appartenuti alle vittime.
Il 25 giugno 2011 l’Ossario di Custoza ha avuto una sorta di secondo “battesimo” al termine dei restauri finanziati ed apportati all’interno del progetto “I luoghi della memoria” concepito da Paolo Peluffo, consulente del Presidente del Consiglio dei Ministri per il 150° dell’Unità d’Italia. A 155 anni dalla Terza guerra d’indipendenza e dal secondo eccidio di massa a Custoza e dintorni, l’ossario persiste nel memento, nell’imperativo “ricòrdati!”.
Claudio Beccalossi