Fuori per infortunio da cinque settimane, otto anni dopo l’ultima presenza ufficiale su un campo da calcio, Federico Braga, classe 1993, domenica scorsa ha finalmente debuttato con la nuova maglia della Clivense. E che debutto, doppietta per lui e tre punti portati a casa:
“È stato bello, ci speravo, avevo voglia di dare una mano e fare gol, ancor di più vedendo che il risultato era fermo sull’1 a 1 e mancava mezz’ora dalla fine. Era davvero importante entrare con la testa giusta e così siamo riusciti a vincere la partita”.
Un’emozione quasi dimenticata che riporta alla mente il Federico bambino che a meno di dieci anni tirava i primi calci al pallone: “Ho iniziato a giocare a calcio nella Virtus Verona, poi in quinta elementare sono stato selezionato dal Chievo. Ho fatto tutto il settore giovanile fino alla Primavera, è stata un’esperienza veramente bella. Eravamo una squadra molto forte, allenata prima da Marco Fioretto e poi Loris Margotto, con Costanzi e Sartori nello staff dirigenziale. Abbiamo perso una finale scudetto giovanissimi nazionali, arrivavamo sempre a giocarci lo scudetto”.
Come il calcio e la vita insegna però, per quanto ci si possa impegnare, bisogna avere anche la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto: “Sono arrivato in Primavera un anno prima del dovuto, perché mi allenavo già con i ragazzi più grandi. Lì c’era Farias che giocava nel mio stesso ruolo di trequartista quindi ero abbastanza chiuso. Così con il mio allenatore di allora, Paolo Nicolato, di comune accordo, rendendomi conto che avevo poco spazio, ho deciso di provare altre esperienze, giocando tre anni in Serie D e uno in C. Però non sono riuscito a dimostrare il mio valore, perdendo magari più di qualche treno”.
Per una porta che si chiude, spesso ce ne dietro tante altre pronte ad aprirsi, anche inaspettate: “Ero fidanzato con una ragazza di Verona che si sarebbe trasferita a Madrid per studiare, e quasi scherzando mi disse: ‘Perché non vieni anche tu e molli il calcio?!’.Grazie a lei ho trovato la strada e la forza di lasciare il calcio e andare là a studiare. Quindi mi sono iscritto all’università di medicina e odontoiatri a Madrid, ho passato degli anni meravigliosi, in una città incredibile, imparando lo spagnolo, l’inglese, e conoscendo persone da tutto il mondo. A quel punto ho deciso di rimanere, ho fatto una specialistica di due anni e insieme a tre miei amici di corso un anno fa abbiamo aperto uno studio tutto nostro”.
Ma evidentemente il cerchio non era ancora chiuso, anzi un nuovo capitolo era pronto a iniziare, con Pellissier nel destino di Federico a dettare i tempi di questa storia: “Giocavo a footgolf, e l’ultimo anno anche Sergio aveva iniziato. Via via ci vedevamo quasi tutte le domeniche sui campi per i tornei.
La prima volta che ci incontrammo l’ho salutato ricordandogli di quando andavo ad allenarmi in prima squadra con loro a Veronello. Da lì in poi abbiamo iniziato ad avere un rapporto più amichevole.Fino a quando lo scorso agosto mi ha confidato di questo nuovo progetto della Clivense. Ridendo con un caffè in mano mi fa: ‘Dai Fede, perché non ti rimetti le scarpe e vieni a giocare pure tu?’. A quel punto scherzando gli dissi di sì e da uno scherzo ora quel sogno è diventato realtà”.