Dici Paok e a quelli che non hanno più trent’anni luccicano gli occhi. Fai “click” su Paok e “giochi” in Coppa dei Campioni, quella vera, mica quella dove ci arrivi anche se sei quarto in campionato. In quella, ci andavi solo se vincevi lo scudetto. Dici Paok e rivedi un Bentegodi così pieno, così bello, che l’emozione è ancora lì, la tocchi con mano. Ti pare quasi un sogno e invece è vero, straordinariamente vero. Un sogno che ha una data, il 18 settembre del 1985. Arriva il Paok, dunque. Campione di Grecia, con tanti nazionali e qualche incognita. Ce l’ha pure Bagnoli, un’incognita, ma forse è più che altro pretattica. “Elkjaer non sta benissimo” la notizia filtra alla vigilia. “Vedremo domattina” taglia corto Bagnoli, che magari ha già la risposta, ma la tiene dentro di sè. C’è tutta Verona al Bentegodi. C’è la luce giusta, la luna giusta. C’è un brivido sottile che ti prende quando entri al Bentegodi. No, non è una partita normale, è la prima volta del Verona in Coppa Campioni. E c’è anche Preben Elkjaer. La voce metallica dello speaker, lo annuncia per ultimo, “…11 Elkjaer”. Un boato. “Se gioca Preben, sarà dura per il Paok…”. C’è Elkjaer, dunque. Il sindaco. Il fuoriclasse che si esalta nelle partite più difficili. E c’è Vinicio Verza, che vola a destra, sembra persino Fanna. Vola e poi mette il cross giusto, proprio lì, dove Elkjaer arriva prima di tutti e la sbatte dentro. Il Bentegodi esplode. Ma non è finita, ovvio. Il Paok non sembra granchè, ma è sempre Coppa dei Campioni, mica un torneo notturno. Il Verona ha un attimo di pausa, intorno a metà ripresa e il Paok lo castiga. Segna Skartados, il Bentegodi stavolta ammutolisce. Tutti guardano Preben e Preben guarda tutti, uno per uno. Prende la palla fuori area, ne fa fuori uno, poi un altro, poi ancora un altro, entra in area, sembra allungarsi troppo la palla, ma Preben è Preben, caspita. Riesce a calciare, neanche tanto “pulito”, ma la mette lì, dove il portiere non arriva. Te lo dò io Skartados, “… li ho Skartados tutti” sembra dire Preben, stritolato dall’abbraccio dei compagni. E non finisce mica qui, attenzione. “Perchè i gol li so fare anch’io” spiega Mimmo Volpati. “Pochi ma buoni”. Angolo dalla sinistra, respinta della difesa, “…io la giro al volo e la infilo sotto l’incrocio” racconta sempre Volpati. Il Bentegodi adesso sogna davvero…
Raffaele Tomelleri