C’era lei, anche quel giorno. Era l’estate del ‘66. L’Italia si leccava le ferite della Corea (Pak doo Ik, ricordate?), mentre l’Inghilterra sognava. E quel sogno divenne realtà, in una finale non ancora finita. Il “gol non gol” di Hurst, mattatore della finale, continua a tener banco, anche se da allora, di acqua ne è davvero passata tantissima. Era davvero dentro, o era fuori quella palla, come in Germania continuano oggi a sostenere?
Sia come sia, l’Inghilterra la spuntò sulla Germania, finì 4-2, dopo i supplementari. E in tribuna, c’era ovviamente la Regina Elisabetta. Felice ovviamente di premiare l’Inghilterra campione. Eccola dopo aver consegnato la Coppa Rimet al capitano di quella grande squadra, il leggendario Bobby Moore.
Era l’Inghilterra di Bobby Charlton, di Hunt, Hurst, del cattivissimo Stiles, del formidabile Banks, uno dei più grandi portieri di ogni tempo. Uno squadrone, che divenne campione del mondo con merito, al di là dell’episodio finale. E che ci riporta indietro nel tempo, a un calcio inevitabilmente in bianco e nero, senza Var e diavolerie tecnologiche. Stavamo davvero peggio?