Francesco Cossiga ricevette l’investitura a Capo dello Stato il 24 giugno 1985 con un’elezione lampo al primo scrutinio con 752 voti su 977, beneficiando così di un atto di forza politica dell’allora formula di coalizione governativa, quella del Pentapartito. L’elezione arrivò grazie all’importante intermediazione dell’allora segretario Dc, Ciriaco De Mita, il quale compattò la maggioranza al governo e ottenne anche l’endorsement del PCI, guidato dalla segreteria di Alessandro Natta. Cossiga divenne così il primo cittadino italiano più giovane della Storia repubblicana (primato che detiene ancora oggi) all’età di 57 anni.
PERSONALITA’ COMPLESSA. Cossiga è passato agli annali come una delle personalità politicamente ed istituzionalmente più complesse e difficilmente decifrabili della Storia repubblicana. La storia di Cossiga parla, infatti, della sua parte attiva dell’establishment politico democristiano nella difficile e drammatica gestione della cosa pubblica durante gli anni di Piombo e le continue destabilizzazioni alla Repubblica scaturenti dalla Guerra Fredda; egli arrivò al Quirinale con una pesante eredità politica e costituzionale lasciata dal suo predecessore, Sandro Pertini. Cossiga operò in “assetto da guerra” sino al termine del settennato muovendosi, da un lato, nelle vesti di omino bianco come Presidente della Repubblica che diede impulso per un rinnovamento dell’ordinamento costituzionale, d’altro canto, da omino nero come “picconatore” nei confronti del sistema partitico e della Magistratura accusati rispettivamente di consociativismo e di protagonismo sovversivo.
IL PICCONATORE. Le picconate varie portarono i partiti a porsi in trincea con decine di richieste di dimissioni e con una richiesta di messa in stato d’accusa per attentato alla Costituzione ex art.90 Cost. presentata nel 1991 dal PDS, la Rete e dai Radicali italiani. Nella richiesta vennero elencati vari motivi tra cui le picconate, il coinvolgimento in Gladio e la gestione autocratica della Presidenza del CSM, di cui minacciò più volte lo scioglimento e l’intervento delle forze dell’Ordine per far terminare le riunioni (fece effettivamente schierare i Carabinieri in assetto antisommossa pronti ad irrompere nella sede romana del CSM di Palazzo dei Marescialli).
LA SUA OPERA. Come omino bianco Cossiga operò facendo ampio uso del messaggio alle Camere, spingendo e proponendo possibili soluzioni per una intera revisione della seconda Parte della Costituzione il 26 giugno 1991, proponendo le vie della riforma costituzionale ex art.138 della Costituzione o in ultima analisi il ricorso alle elezioni di una nuova Assemblea costituente che fondasse un nuovo testo costituzionale per una effettiva Seconda Repubblica. Il messaggio, composto da ben 82 cartelle, non ricevette la controfirma di Andreotti, allora Presidente del Consiglio.
LO STATO D’ACCUSA. La richiesta di messa in stato d’accusa che arrivò nel dicembre 1991, segnò comunque la definitiva delegittimazione politica del Presidente, il quale il 28 aprile 1992 a poco meno di due mesi dalla scadenza naturale, agli albori di Tangentopoli slasciò l’incarico. Cossiga si dimise dalla presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, annunciando le sue dimissioni con un discorso televisivo che tenne simbolicamente il 25 aprile, alla fine del quale giunse a commuoversi. Resta uno dei Presidenti della Repubblica più discussi della storia.