Elena Cardinali, ex insegnante e giornalista, responsabile della cronaca nera per «L’Arena» dal 1990 al 2002, racconta la straordinaria avventura del suo lavoro che l’ha portata, tra difficoltà, impegno e successi, a scoprire la “parte dolente dell’umanità”. Elena Cardinali è stata la prima giornalista donna a occuparsi a Verona, per il giornale dell’Arena, di cronaca nera. Ora la giornalista , che è anche console per il Touring club Italiano è stata insignita del premio Giulietta 2020.
Quando ha iniziato a scrivere per L’«Arena»?
Ho iniziato nel settembre del 1982, quando mi hanno mandata in un paesino della Valpolicella a intervistare gli abitanti per capire se fossero contenti dei turisti. Ricordo il titolo dell’articolo: Ai turisti offriremo la nostra ospitalità. È stata una forte emozione vedere per la prima volta il mio nome sull’«Arena», anche perché l’inizio del lavoro non era facile: i soldi erano pochissimi, l’impegno tanto… chi non aveva resistenza mollava subito.
Com’era l’aria di redazione negli anni Ottanta?
Era stimolante, c’era molta disponibilità, se i giovani erano capaci di proporre argomenti c’era da lavorare; oggi si tende a lavorare su cose che sono già divulgate su internet, sui social. Allora dovevi riportare tutto tu, eri la voce del quartiere, la voce di chi aveva problemi, era necessario recarsi fisicamente sul posto. Le agenzie si occupavano solo della parte estera; oggi si sta davanti al computer e non va bene perché così si ricicla quello che c’è già in circolo. Infatti i giornali nazionali puntano più sugli approfondimenti, su casi particolari, su settori… quello che non si trova sul web! Se vuoi mantenere viva la carta stampata devi essere alternativo al web e avere una tua identità.
Che cosa le facevano scrivere all’inizio?
Siccome mi è sempre piaciuta l’arte scrivevo articoli sulle chiese artistiche dimenticate; mi sono occupata molto di scuola e di sociale – impegno che mi è valso anche alcuni premi giornalistici. Sono stata collaboratrice esterna per cinque anni e mezzo; il giorno in cui ho saputo che mi avevano assunta credevo di svenire… E le è stata affidata la cronaca nera…
Lo speravo tanto! Sapevo che il responsabile della cronaca nera, Gianni Cantù, stava per andare in pensione, allora sono andata dal direttore e gli ho detto che sarei stata felice di occuparmene io. Posso dire che aver conosciuto la parte dolente dell’umanità.
C’è qualche episodio che le è rimasto impresso?
Una cosa curiosa mi è successa un giorno in cui avrei dovuto scrivere l’articolo Una giornata con Verona emergenze. La società proprietaria dell’elicottero ci aveva messo a disposizione un elicottero per seguire quello di Verona emergenze quando si sarebbe alzato in volo. Mentre attendevamo alla centrale operativa arriva una telefonata dall’entroterra del lago: un anziano era caduto in bici ed era morto per un infarto. Una volta giunti sul posto, ecco un’altra chiamata: era scoppiato il depuratore di Peschiera – proprio quel giorno, in quel momento! – causando due morti e un ferito. Abbiamo sorvolato la zona del disastro con i due elicotteri: sembrava che fosse scoppiato il Vesuvio. Il fotografo dall’alto è riuscito a fare delle foto strepitose. Siamo scesi nel recinto insieme ai soccorritori e ho iniziato con discrezione a fare domande agli altri operai, anche se noi giornalisti non saremmo dovuti essere lì… ma quando si perde lucidità nessuno si ferma a chiederti chi sei, perché fai queste domande. Ho scritto un servizio fantastico. Il suo stile di scrittura si ispira a qualcuno? Ha dei modelli?
Un modello preciso direi di no, ma di sicuro il mio stile si è formato grazie alla mia passione per la lettura: da ragazzina amavo Jules Verne, Salgari, la Alcott… li ho letti tutti! Sono stata anche fortunata a incontrare Giuliano Marchesini, che è stato un maestro prezioso, mi ha insegnato l’etica del giornalista, mi diceva sempre “Se non sei sicura di una cosa, non scriverla; verifica sempre le notizie, non tradire il lettore; esprimiti in maniera chiara, corretta e semplice”. La semplicità non è una cosa da poco, è un’acquisizione che presuppone grande complessità: devi capire, sintetizzare e usare parole comprensibili da chiunque, ma mai banali. Oggi noto soprattutto una carenza nel lessico: si usano pochi sinonimi quando l’italiano ne ha così tanti!
Emanuele Del Miglio