Quante volte l’abbiamo vista ‘sta foto? E quante volte lui ce l’ha raccontata? Dicei, cento, mille, ma l’ascolteremo sempre con un sorriso e un bel po’ di nostalgia.
Quello era il calcio di Zigogol, il Verona di Zigogol, che un po’ era matto per davvero e molto ci giocava, personaggio fino in fondo, fino al punto di essere ancora in campo, oggi e per sempre, nello “stadio della nostalgia”.
Eccola qua la partita “della pelliccia”, c’era proprio la Fiorentina, quel giorno. “E il Valca mi fa: Zigo, oggi vieni in panchina con me…”. E io gli dico: “Valca, ma senza di me perdete…”. E lui: “Zigo, tu entri dopo, così ci risolvi la partita”.
E Zigo s’incazza, ma incassa. E ne pensa una delle sue. “Oh – dice a chi gli sta vicino in spogliatoio – io sto fuori ma vado in panchina con la pelliccia e il cappello da cow boy”. Luppi ridacchia, “…dai Zigo, non lo farai mai…”.
E allora gli scatta l’interruttore. “Se mi date 10 mila lire a testa, vi faccio vedere io…”. Luppi glieli dà subito, il Masca anche, “…pensa che ci sta pure Bachlechner, che aveva il braccino corto”, sorride Zigogol.
Si veste, poi aspetta che gli altri escano, compreso Valcareggi. Lui va per ultimo, come sempre. Sopra la tuta infila la pelliccia, poi il cappello da cow boy, s’infila nel tunnel, lo percorre a passo svelto. Sale i gradini, rallenta, specialista come pochi di “effetti teatrali” di straordinaria bellezza.
Accelera un po’ sull’ultima rampa, sbuca all’improvviso, mentre i compagni vanno verso il centrocampo. Sente un boato, non si gira, finge indifferenza. I fotografi scattano. Lui va verso la panchina. Non sa, o finge di non sapere, che quella foto, un attimo dopo il clic, è già diventata leggenda.