“Un’impresa ‘tipo’ del settore costruzioni, dopo il quarto anno di sconti sulle fatture dei clienti finirebbe fuori dal mercato; dopo il quinto vedrebbe ridursi del 37% il fatturato e non riuscirebbe più a pagare. A questo punto, viene naturale domandarsi come sia stato possibile partorire tale provvedimento, senza prima uno studio o una simulazione”. Se lo chiede Andrea Bissoli, Presidente di Confartigianato Imprese Verona, ricordando il no deciso di Confartigianato allo sconto sulle fatture per gli interventi relativi all’ecobonus e al sismabonus, previsto dal Decreto Crescita, perché si basa sulla consapevolezza della profonda distorsione della concorrenza introdotta dalla norma – come evidenziato dall’Antitrust – a danno di mezzo milione di micro e piccole imprese operanti nel settore delle costruzioni, con 1,2 milioni di addetti, l’89% dell’occupazione del settore. Il mercato sostenuto dall’ecobonus ammonta a 3.331 milioni di euro di investimenti, vale il 6,6% degli interventi di manutenzione straordinaria sugli edifici residenziale ed è distribuito su 334.846 interventi. La distribuzione per tipologia di lavori rileva il 37,1% degli investimenti sostenuti da ecobonus si riferisce ai serramenti, il 16,9% alle caldaie a condensazione, il 15,9% a pareti verticali, il 14,5% a pareti orizzontali, il 6,7% a pompe di calore, il 3,8% a schermature solari, l’1,1% al solare termico e lo 0,5% a Building automation.Il report semestrale sul settore delle costruzioni, presentato all’Assemblea di Anaepa Confartigianato Edilizia, esamina gli effetti del provvedimento su di una impresa tipo di cinque addetti nel settore delle costruzioni, comparto composto da edilizia, installazioni di impianti, posa in opera di infissi ed altri lavori specializzati, profilo che rientra nella classe di addetti più numerosa del settore, nella quale si colloca il 42,5% degli addetti del comparto. “Nell’ipotesi in cui gli interventi per efficienza energetica pesino per il 50% del fatturato aziendale – spiega il Presidente di Confartigianato Imprese Verona – si evidenzia che la norma, dal quarto anno, mette fuori mercato la nostra impresa tipo. Nei primi tre anni lo sconto praticato ai clienti rimane inferiore alle somme versate all’Erario – imposte su reddito, ritenute dei dipendenti, contributi, Irap e Iva – consentendone il completo recupero da parte dell’impresa, ma dal quarto anno questa condizione non si avvera più e l’impresa è costretta, per quell’anno, a rinunciare alla gran parte degli interventi incentivati; e nel quinto anno la rinuncia per incapienza è totale. Nell’arco dell’intero quinquennio, la riduzione del fatturato sul segmento interessato dalle detrazioni fiscali per riqualificazione energetica è del 37%. Insostenibile!”. Nei settori di energia e utilities le medie e grandi imprese a partecipazione pubblica concentrano il 51,1% dell’occupazione del comparto. “In questa prospettiva – conclude Luciano Garonzi, presidente di Confartigianato Costruzioni Verona – si concretizza il paradosso di norme nominalmente orientate alla ‘crescita’ che, invece di sostenere le piccole imprese private delle costruzioni – che a seguito della crisi del settore hanno perso 238 mila occupati in cinque anni pari al 17,0% in meno – rischiano di generare ulteriori spazi di rendita di posizione in favore delle grandi imprese pubbliche”.