Portaborracce? Gigi sorride, l’immagine gli viene spontanea. “Anche nel calcio ci sono i fuoriclasse e anche nel calcio ci sono i gregari.
Io l’ho fatto e sono felice della mia storia. Ho portato la borraccia orgoglioso della mia storia, della mia strada. E tutti i grandi campioni
con i quali ho giocato, mi hanno sempre ringraziato”. Campione lo è stato
anche lui. Di umiltà, intanto. Che non è poco. Uno che giocava titolare nella
Fiorentina ed era poco più di un ragazzo, prima che un infortunio ne bloccasse
l’ascesa. E poi, quand’era al Verona, quello vero, quello dello scudetto, ancora
il ginocchio che fa crack, mesi nel tunnel, in silenzio, aspettando di tornare sè stesso. Nessun sconto per lui. Ma il grazie più bello, quello di Osvaldo Bagnoli. “Beh, i complimenti di Bagnoli, per me valgono come una laurea. Perchè
il mister è il mister e non era uno che regalava complimenti. Se ti diceva “bravo”,
è perchè lo pensava davvero. Una grande persona, il mister. A volte mi chiedono
che cosa avesse di speciale. Tutto, anche i silenzi. Lui non parlava, ma tu sapevi
che c’era. E sapevi che vedeva comunque tutto, anche se a volte non c’era bisogno di parole. Lui era fatto così e non è un caso se una buona squadra, sia diventata, grazie a lui, una grande squadra”.
Lo scudetto resta la sua medaglia d’oro. “Chi ci pensava, quando son partito da
Reggio Calabria, ero poco più di un bambino, per giocare nell’Asti? E quanti
sacrifici? Partivi da casa la mattina, a scuola, poi un panino, poi l’allenamento, poi
ancora a casa. Quando mi chiedono se valga di più il talento o il carattere, io dico
sempre che ne ho visti di ragazzi più forti di me, perdersi per strada. Perchè
arrivare è difficile, ma restare a certi livelli lo è anche di più. E ci arrivi con la
fatica, la passione, l’impegno, la serietà. Nessuno ti regala niente, almeno a me
è sempre andata così. Per questo, vado via a testa alta. Felice di esserci stato,
in quel Verona che ha scritto la storia…”. Una carriera a testa alta, altissima.E non solo per il gol di Belgrado. Gigi sorride. “Già, sembra che abbia fatto solo quello…Però, vedi, i gol, le partite, le vittorie, le sconfitte, poi passano. Ti resta quello che sei stato, quello che hai cercato di dare ai compagni, in campo, nello spogliatoio, nella vita di tutti i giorni”.
A testa altissima, anche al momento di chiudere. “Ero a Catanzaro, avevo un contratto lungo, potevo starmene là, magari giocando poco, sfruttando il nome, la mia carriera. Invece no, dopo poche partite, avevo capito che non ne avevo più, che non sarei più stato il Gigi vero. E ho salutato tutti, ho lasciato il contratto, ho detto “signori, preferisco chiudere qui”. Perchè Gigi Sacchetti è fatto così. Qua la mano.
Raffaele Tomelleri