L’Italia rappresentò un caso isolato nei processi di decolonizzazione, poiché, a differenza degli altri stati coloniali, la ragione principale se non unica della perdita totale delle colonie è da imputarsi alle vicende belliche italiane nella seconda guerra mondiale e alla discutibile decisone dei vincitori di considerare l’Italia solamente come uno stato sconfitto, quindi nemico, escludendolo dalle trattative di pace. Il presidente del Consiglio De Gasperi si oppose con fermezza alle punitive condizioni di pace imposte all’Italia e cercò di fare valere di fronte ai “Quattro governi” il comportamento del popolo italiano che, nella fase più delicata della cobelligeranza, non solo si dissociò dal regime fascista, ma lo contrastò e si schierò a fianco degli Alleati per combattere l’occupazione nazista dell’Italia centromeridionale. Nel discorso alla Conferenza di pace di Parigi del 10 Agosto 1946, egli affermò: “non c’è dubbio che il rovesciamento del regime fascista non fu possibile che in seguito agli avvenimenti militari, ma il rivolgimento non sarebbe stato così profondo, se non fosse stato preceduto dalla lunga cospirazione dei patrioti che in Patria e fuori agirono a prezzo di immensi sacrifici, senza l’intervento degli scioperi politici nelle industrie del nord, senza l’abile azione clandestina degli uomini dell’opposizione parlamentare antifascista (ed è qui presente uno dei suoi più fattivi rappresentanti) che spinsero al colpo di stato. Rammentate che il comunicato di Potsdam del 2 agosto 1945 proclama: «l’Italia fu la prima delle Potenze dell’Asse a rompere con la Germania, alla cui sconfitta essa diede un sostanziale contributo. […] ha liberato se stessa dal regime fascista e sta facendo buoni progressi verso il ristabilimento di un Governo e istituzioni democratiche.” Più avanti, riprendendo la differenza tra il popolo italiano e la politica del Duce, ricordò ai vincitori: “il rapido crollo del fascismo dimostrò esser vero quello che disse Churchill: «un uomo, un uomo solo ha voluto questa guerra». Nella ratifica dell’Assemblea Costituente del trattato di pace, firmato dal governo italiano a Parigi il 10 Febbraio 1947, all’articolo 23 comma 1 sta scritto: “L’Italia rinuncia a ogni diritto e titolo sui possedimenti territoriali in Africa e cioè la Libia, l’Eritrea e la Somalia italiana.” Fu una rinuncia coatta, anche se il testo di legge non lo manifesta, decisa dalle potenze vincitrici della guerra e non fu il risultato di azioni o di lotte indipendentiste promosse dalle popolazioni autoctone delle ex colonie. ll 23 aprile 1949 De Gasperi dichiarò: “Abbiamo diritto di chiedere la possibilità di continuare la nostra missione civile nelle colonie perché l’attività del popolo italiano in Africa ha costituito un contributo prezioso per la civiltà.” E il Dodecaneso venne assegnato alla Grecia.
Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia