Riusciranno i nostri eroi a spendere e “bene” il Next Generation Europe? Per passare dalle parole ai fatti servono riforme, risorse umane qualificate, comprensione delle regole europee e sinergie a tutti i livelli. La strada non è facile.Il PNRR è una grande opportunità, ma può essere anche un semplice palliativo, al problema della crescita del nostro Paese. Forse non basteranno i soldi per cancellare trent’anni di stagnazione e mancanza di riforme (sburocratizzazione in primis).
Nella conferenza stampa di fine anno, il premier Mario Draghi ha annunciato che “l’Italia ha raggiunto tutti gli obiettivi che il PNRR fissava per dicembre”.
Si tratta, però, di traguardi puramente formali, preliminari al conseguimento degli obiettivi; i gol veri da mettere a segno sono la realizzazione degli investimenti e l’attuazione delle riforme. I pochi mesi trascorsi dalla presentazione del Piano sono, ad oggi, insufficienti per esprimere valutazioni precise.
Le importanti risorse disponibili, se ben impiegate, potranno sicuramente spingere alcune riforme strutturali e favorire la realizzazione di opere potenzialmente utili. Basterà?
Il PNRR dovrebbe mobilitare oltre 200 miliardi di euro in cinque anni: di questi, all’incirca 70 miliardi di euro sono trasferimenti a fondo perduto nell’ambito di Next Generation EU, 120 miliardi prestiti dello stesso programma, 13 miliardi finanziamenti da React EU, e 30 miliardi di risorse nazionali del fondo complementare.
Sul piano quantitativo, stiamo parlando di un incremento inferiore al 5 per cento. L’idea che basti spendere di più per crescere, non sempre risulta poi corretta.
Considerando i precedenti italiani, non è detto che tutti gli investimenti previsti siano effettivamente utili ad alzare il potenziale di crescita del Pil.
Molti credono che i 200 miliardi del PNRR aiuteranno il paese a recuperare il terreno perso, causa Covid e non solo; altri sospettano che finiranno per alimentare nuova spesa improduttiva.
Il PNRR non può comunque esonerarci dal perseguire quelle riforme strutturali e quelle correzioni nella nostra politica di bilancio, senza le quali sarà improbabile che l’Italia possa uscire dal suo declino.
E Verona a che punto è? Per le poche informazioni a disposizione, la nostra città non si è particolarmente distinta per rapidità nell’accedere alle risorse disponibili.
Oltre a quelle possibili per l’impiantistica sportiva, che non ci sembra siano in fase di acquisizione, ci sarebbero anche i fondi per potenziare il trasporto pubblico.
Anche la seconda opportunità, ci sembra che non sia stata colta dalla nostra Amministrazione.
Padova, Bologna, Bergamo, Bari, Catania e altre città si sono invece mosse adeguatamente. Verona sembra invece ferma.