C’era una volta il Diablo. Sì, proprio lui, Claudio Chiappucci, l’eroe delle “fughe pazze”, come scrisse Gianni Mura. “Io improvvisavo, non avevo piani, non facevo calcoli. Se m andava di partire, partivo, non c’era niente che mi trattenesse in gruppo”. E racconta di fughe infinite, come quella volta al Sestriere “sette ore e passa in fuga da solo”. Scuote la testa. “Difficile per la fatica, ma anche per la solitudine. Ti passano per la testa mille pensieri, ti chiedi ogni metro “ma chi te l’ha fatto fare?”.
Però, la gente gli ha voluto bene per questo. “Ho vinto meno di qello che avrei dovuto, ma la gente si ricorda le mie imprese, anche quando sono arrivato secondo. E queso mi ripaga di tutto”. Ricorda Pantani: “L’ho tenuto a battesimo nella Carrera dei veronesi Tacchella. Marco era forte, buono… Non meritava di finire così. E forse tutti noi, gente del ciclismo, avremmo dovuto e potuto fare per lui qualcosa in più…”