«Penso di aver avuto una bella vita. Non ho pregato per ciò che non potevo avere e ho avuto all’incirca tutto ciò che desideravo perché ci ho lavorato».
Si può riassumere così la straordinaria vita di una delle personalità più influenti del XX secolo:
Louis Armstrong. Ed è proprio in una delle ultime interviste rilasciate dal Re del Jazz che lo stesso
Armstrong descrive così la sua vita, non allontanandosi troppo dal vero.
Sono passati 50 anni dal giorno della sua morte, avvenuta per infarto il 6 luglio del 1971 a New York, ma il lascito di Armstrong è eterno.
Dici New Orleans e dici Jazz. Dici Jazz e dici Louis Armstrong. Nato e cresciuto a New Orleans da una famiglia di schiavi molto povera, il piccolo Louis ha dovuto faticare fin dai primi anni di vita. Dopo la sua espulsione dalla Fisk School, Louis passava le giornate a soffiare dentro una piccola
cornetta trovata chissà dove e successivamente gli venne proposto di unirsi alla Home for Colored
Waifs Band di New Orleans, la banda del riformatorio per ragazzi neri in cui viveva.
In questo contesto assolutamente disfunzionale e privo di qualsiasi stimolo o opportunità, l’unico barlume di speranza erano le note del “ragtime”, la prima cellula embrionale di quello che sarebbe diventato il futuro Jazz.
Incuriosito da questi suoni, con altri 3 ragazzi formò una piccola band con cui strimpellare per cattare qualche moneta.
Come tutti i personaggi che in un modo o nell’altro hanno fatto la storia, anche Armstrong venne
notato, e la sua vita ebbe quello che è solito essere chiamato “il twist”, un evento che ti cambia la
vita. Nel caso di Louis, la possibilità di comperarsi una piccola tromba usata e improvvisare Jazz nelle vie di New Orleans.
A 27 anni, Joe Glaser, proprietario del Sunset Cafè gli chiese di suonare la tromba con la Carroll Dickerson Orchestra, che pochi mesi dopo venne presto rinominata Louis Armstrong and his Stompers. La Grande Depressione del 1929 colpì anche lui e Armstrong fu costretto a trasferirsi a New York. Qua, grazie alla conoscenza di alcuni personaggi come Jimmie Rodgers e Bing Crosby, Armstrong ebbe modo di inserirsi nel sottobosco musicale di New York, approdando poi a Ella Fitzgerald, con la quale incise ben 3 album.
In quegli anni Armstrong era accolto ovunque come un mito vivente, venendo spesso presentato con una frase diventata famosa: «Ecco a Voi Louis Armstrong. Egli non ha età, è nato quando è
nato il jazz. E il jazz è nato quando è nato lui». Momento iconico ricordato da molti italiani, è la sua esibizione al Festival di Sanremo del 1968.
Condotto da Pippo Baudo, la sera dell’esibizione di Armstrong e la sua band fu oggetto di un teatrino memorabile. Il trombettista, convinto di salire sul palco per una jam-session dal tempo illimitato, in realtà doveva suonare una sola canzone: “Mi va di cantare”. Pippo Baudo confuso, lo congedò con un «Grazie, grazie..Arrivederci”. Il trombettista dichiarò nel post serata: “il cachet era talmente alto che pensavo di dover fare un concerto di almeno un paio d’ore».
Vanessa Righetti