In tutti i musei un recupero record
Castelvecchio ha avuto un incremento di visitatori del 50%. Bene anche il lapidario
Ex atleta della Nazionale Italiana di Kayak fluviale, laurea in Lettere a Padova e specializzazione in Storia dell’Arte alla Cattolica di Milano, Francesca Rossi dal 2022 è Direttrice dei Musei Civici di Verona, il sistema museale integrato che comprende l’Anfiteatro Arena, la Casa di Giulietta, il Museo di Castelvecchio, il Museo Archeologico al Teatro Romano, il Museo Civico di Storia naturale, il Museo degli Affreschi G. B. Cavalcaselle, il Museo Lapidario Maffeiano e la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. Dal 2010 al gennaio 2018 è stata responsabile del Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano. In precedenza, era stata a lungo conservatrice al Museo di Castelvecchio e delle collezioni dei musei d’arte e monumenti del Comune di Verona. É autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e curatele di mostre. Suo padre è quel Giambattista Rossi a cui è intitolato il Policlinico di Borgo Roma. E anche l’uomo che, dietro pagamento di un riscatto, recuperò la Pala sinistra del Trittico del Mantegna, che era stata trafugata dalla basilica di San Zeno nella notte fra il 15 e il 16 giugno 1973.
Dottoressa Rossi, i Musei italiani nel 2023 hanno avuto il record di visitatori: 10 milioni in più rispetto all’anno prima, con un incremento del 23%. A Verona com’è andata?
“Molto bene. In tutti i nostri Musei abbiamo recuperato, e in alcuni casi superato, i dati del 2019, l’ultimo anno prima dell’emergenza Covid: 1.703.634 gli ingressi del 2019, 1.656.044 quelli del 2023. In particolare, rispetto al 2019 Castelvecchio ha avuto un incremento del 50 per cento: da 175.265 visitatori è salito nel 2023 a 267.620. Bene anche il Lapidario Maffeiano, che dopo i danni causati dal nubifragio e i mesi di chiusura per i lavori di ripristino e di efficientamento energetico, ha raddoppiato gli ingressi arrivando lo scorso anno a 38.967 visitatori, contro i 16.698 del pre-Covid. Il Museo Archeologico al Teatro Romano è cresciuto dai 71.624 ingressi del 2022 ai 103.710 del 2023 e molto bene è andato anche il Museo di Storia Naturale, che lavora prevalentemente con le scuole proponendo un’attività didattica di eccellenza, e che lo scorso anno ha registrato 31.810 visite. Rispetto al 2019, che aveva registrato 826.590 ingressi, l’Anfiteatro Arena è sceso lo scorso anno a 750.714, a causa dei periodi di chiusura necessari per i lavori di adeguamento previsti dall’Art Bonus e di abbattimento delle barriere architettoniche in vista delle Olimpiadi”.
L’Anfiteatro Arena è il sito più visitato. Si può migliorare l’offerta attuale?
“Ci sono diversi progetti in cantiere. Grazie ai finanziamenti per le Olimpiadi, saranno migliorati i servizi di accoglienza e l’accessibilità: tutti potranno accedere in Arena, senza più barriere architettoniche. Poi c’è il progetto di un percorso museale, che nei prossimi anni dovrebbe essere implementato. Al momento lavoriamo a una guida virtuale, ma stiamo mettendo in cantiere una serie di strumenti multimediali, per dare ai visitatori un’esperienza dell’Anfiteatro sia fisica che immersiva: un percorso che permetta di capire la storia e l’evoluzione del monumento attraverso i secoli, sia come manufatto architettonico che come luogo di spettacolo, attraverso due narrazioni intrecciate. Abbiamo a disposizione tantissimo materiale, grazie anche ai recenti scavi archeologici. Nei prossimi anni, quindi, vedremo migliorare gli strumenti informativi offerti a chi visita l’Arena”.
Lei è il primo dirigente di tutti i Musei civici veronesi. É un passo verso la Fondazione di cui si parla da almeno vent’anni?
“Questo dovrebbe chiederlo alla politica! Quello che posso dirle è che non tutte le città italiane hanno scelto le Fondazioni per gestire i musei. Bologna da una Istituzione è rientrata nella gestione diretta, i musei di Milano sono nella gestione diretta, come noi. I casi sono molto diversificati”.
Papà, un visionario molto concreto
“Fin da bambina mi ha trasmesso l’orgoglio di lavorare per l’interesse pubblico”
Comunque avere una direzione unica è indubbiamente un passo avanti.
“La scelta che ha fatto l’Amministrazione di integrare i musei civici sotto la guida di un unico direttore segue la riforma Franceschini del 2014, che ha potenziato l’autonomia gestionale dei musei, creato il sistema museale nazionale e incentivato forme di collaborazione a livello sistemico. Non più il singolo che spicca, ma tutti che lavorano insieme. Ormai dobbiamo ragionare in una logica di sistema, non solo locale, ma anche regionale e nazionale”.
Quali sono i vantaggi?
“Aver creato un sistema integrato unificato dei Musei civici, con una gestione diretta, offre grandi vantaggi. Il primo aspetto positivo è quello di poter mettere in comunicazione fra loro i musei, con una visione di insieme. Inoltre un direttore unico riesce ad allacciarsi meglio al tema dei sistemi regionali e nazionali: è una sorta di portavoce, che raccoglie le istanze e le porta avanti. Quindi il punto non è quale forma giuridica: la questione di fondo è l’autonomia gestionale e la sostenibilità. E per raggiungerle serve fare rete, fare sistema. Individuare un progetto, sul quale fare accordi con il ministero e con altri musei, per condividere competenze tecniche, scientifiche, economiche”.
Ma non è complicato mettere insieme Musei tanto diversi fra loro?
“I musei civici veronesi vengono dal medesimo momento formativo, con collezioni che si sono costituite grazie ai lasciti dei donatori. A Verona abbiamo avuto Achille Forti, grande botanico, che è stato uno dei primi mecenati del Museo di Storia Naturale. Inoltre aveva una collezione sia di arte antica che di arte moderna, che ha donato alla città insieme al suo palazzo. E come lui, molte figure di mecenati cittadini hanno contribuito con i loro lasciti alla crescita di più musei”.
Dottoressa, lei è fra gli otto componenti chiamati dal ministero della Cultura al nuovo tavolo tecnico per l’innovazione. A che punto siamo?
“Il grande progetto al quale, sotto la guida della direzione generale del ministero, sto partecipando come rappresentante dei Musei civici italiani, è quello di rafforzare la rete del sistema museale nazionale. Nello specifico, il tavolo è impegnato sul tema dell’accessibilità, sia fisica che neurocognitiva, e sulla partecipazione alla cultura.
I musei che, su base volontaria, si impegnano a rispettare determinati standard di qualità, vengono inseriti nel sistema per condividere banche dati, piattaforme digitali, servizi diversi, strumenti di finanziamento. Solo in questo modo le realtà museali più piccole saranno in grado di sostenersi”.
Domanda personale: che ricordi ha di suo padre?
“Meravigliosi. Fin da bambina mi ha trasmesso il valore e l’orgoglio di lavorare nell’amministrazione pubblica e per l’interesse pubblico. Era un visionario, aveva la capacità di guardare al futuro ma, allo stesso tempo, era molto concreto e pragmatico. Passava oltre la politica, in maniera trasversale: aveva una grande capacità di coinvolgere, di aggregare intorno a un progetto, di dialogare con tutti. Era questa la sua forza”.
E della movimentata notte in cui recuperò la Pala del Mantegna?
“Tutta la serata si svolse come un film d’azione. Io avevo sette anni allora, ma mio padre ripeteva spesso il racconto di quella notte. Soprattutto del momento più difficile quando, nell’oscurità della campagna padovana, si trovò faccia a faccia con il ladro della Pala, al quale doveva consegnare la borsa con i soldi del riscatto. “Fammi vedere la tela” gli disse mio padre e quello rispose “avvocato…siamo fra gentiluomini! Lei mi dia i soldi e la tela la recupera a Mestre”. Fu la decisione più difficile da prendere: un errore, e la Pala poteva andare distrutta. Decise di fidarsi. E alla periferia di Mestre trovò il complice che gli consegnò la tela. Rise per anni ricordando quel ”siamo fra gentiluomini!”.
Rossella Lazzarini