Raffaele Tomelleri
Storie di un tempo felice. Di un Verona felice. “Mi rendo conto che quella squadra, anche se non ha vinto niente, è sempre nel cuore della gente”. Livio Luppi da Mirandola, di quella squadra
era il centravanti. Quando i numeri contavano ancora qualcosa. Il 9 era il 9, era quasi sempre suo. “Tira via il “quasi”, ride Luppi. “Ogni anno, in estate, sui giornali facevano la formazione
tipo e io non c’ero mai. Un anno era titolare Jacomuzzi, poi Macchi, poi Petrini… Alla fine, giocavo sempre io”. Zigoni racconta che fosse lui “…a far giocare Livio. Perchè con Livio mi trovavo a occhi chiusi e allora andavo dal mister e gli dicevo, “deve giocare Livio”. Luppi sorride. “Il mio amico Gianfranco, io
lo capivo davvero al volo. Magari ho fatto fatica all’inizio, perchè lui aveva delle finte e dei movimenti da grande giocatore. E se non lo capivi subito, sapete com’era, alzava le braccia e guardava il pubblico, così il “colpevole” eri tu. Poi, quando sapevi che finta ti faceva, eri a posto…”.
Livio Luppi da Mirandola, anni ’70, un Verona povero ma bello, un Verona che ancora fa sognare. “Io credo che fosse proprio una bella squadra. Fatta di grandi giocatori, che sarebbero forti anche oggi, ma fatta soprattutto di amicizia. Di valori forti. Di amore per la maglia. Di cose che forse oggi si sono perdute e contano molto meno. Per questo, la gente si ricorda di quella squadra.
Perchè noi giocavamo per la gente, eravamo vicini ai tifosi, anche quando protestavano perchè i risultati non arrivavano”
E se i risultati non arrivavano, don Saverio, il presidente, non la mandava a dire. L’imitazione di Luppi è uno spasso. “Garonzi arrivava negli spogliatoi, diceva a Cadè, “mister, ancò parlo mi, lu el staga pure fora”. E lì cominciava: ma ti Pissabala, qualche olta te pol far ‘na parata? E ti Nanni, no te te sporche mai, ma che difensor seto? E ti, Luppi, qualche gol te pol farlo o no?” E finiva regolarmente con Zigoni: “Zigo, basta tocarte i cavei, in campo pensa a zugar”.
Uno spettacolo, Garonzi. “Uomini così, mancano al calcio di oggi, sarebbero ancora unici. Gente che aveva passione, che aveva nel
cuore il Verona. Uomini che hanno fatto storia e che avevano una cosa, soprattutto, che oggi è quasi scomparsa: l’umanità. Ci potevi litigare,
potevi discutere ogni anno per l’ingaggio, ma poi sapevi che al momento buono, sarebbero stati lì con te…”.
A proposito, Luppi racconta anche questo aneddoto: “Un giorno, don Saverio ci fa la solita sfuriata, poi esce sbattendo la porta. Un attimo dopo torna dentro, noi pensiamo che voglia rincarare la dose e invece fa: “Butèi, dove zughen domenica?”. Lui non se lo ricordava neanche. “A Napoli”, gli diciamo. “Beh, se vensemo, premio doppio”. Don Saverio era fatto così.