Una foto che ha cambiato lo sport. E non solo quello. Una foto che resta a più di cinquant’anni, un documento, una svolta, un messaggio. Il 16 ottobre 1968 nello stadio Olimpico di Città del Messico i velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos arrivarono primo e terzo nella finale dei 200 metri piani alle Olimpiadi. Smith aveva stabilito il nuovo record del mondo, con 19,83 secondi, nonostante avesse un tendine infortunato e nonostante avesse corso gli ultimi 10 metri alzando le braccia. Carlos, con i suoi 20,10 secondi, era arrivato dietro all’australiano Peter Norman. Tenetelo d’occhio, non passerà inosservato, suo malgrado. Dopo essere saliti sul podio per la premiazione Smith e Carlos ricevettero le medaglie, si girarono verso l’enorme bandiera statunitense appesa sopra gli spalti e aspettarono l’inizio dell’inno. Quando le note di The Star-Spangled Banner risuonarono nello stadio, Smith e Carlos abbassarono la testa e alzarono un pugno chiuso, indossando dei guanti neri. A decine di metri di distanza, il fotografo John Dominis scattò loro una foto che sarebbe diventata una delle più famose del Novecento, simbolo di un decennio di proteste per i diritti civili dei neri. Dietro al pugno chiuso di Smith e Carlos c’era la battaglia per i diritti civili, e in particolare per quelli degli afroamericani, che nel 1968 aveva raggiunto il suo apice. Tre anni prima c’era stata la marcia di Selma, l’anno precedente c’erano state rivolte in oltre 100 città americane, e sei mesi prima era stato assassinato Martin Luther King. Ma nel giugno dello stesso anno era stato ucciso anche Bobby Kennedy, ed erano gli anni della guerra in Vietnam: nelle successive interviste, Smith spiegò che quello suo e di Carlos non era il saluto del Black Power, lo slogan delle proteste afroamericane, ma più in generale un gesto di protesta a favore dei diritti umani. Nonostante fosse fallito il piano che voleva gli atleti neri boicottare le Olimpiadi, Smith e Carlos, due tra i più forti velocisti del tempo, decisero comunque di preparare meticolosamente un gesto simbolico nel caso avessero vinto. E quel gesto, quel podio, restano ancora oggi uno straordinario messaggio.