“Spero che con il ricorso possano sistemarsi le cose. Il Chievo è una favola che finisce, dispiace. Abbiamo fatto cose grandissime, siamo addirittura arrivati in Champions. Questo epilogo fa male a me e tutti coloro che hanno vissuto l’ambiente Chievo”. Così l’ex allenatore gialloblù, Bepi Pillon, mentre tutto l’ambiente attende con ansia di sapere quale sarà il futuro. Scade a mezzanotte di oggi il termine per presentare il ricorso al Collegio di Garanzia del Coni, che lunedì prossimo dovrebbe esprimersi e dare un parere, questa volta, inappellabile.
Che potesse accadere qualcosa del genere era comunque nell’aria da tempo…
“Da fuori magari non si capisce bene la realtà delle cose. Non mi aspettavo questa fine, conoscendo ambiente ed organizzazione del mio Chievo: era una macchina perfetta”.
Il primo ricordo che le viene in mente?
“L’entusiasmo, l’organizzazione. Era un modello vincente”.
Con lei ha toccato il punto più alto…
“E’ ancora il mio grande rimpianto, l’unico di quell’esperienza. Giocammo i preliminari di Champions, a Sofia disputammo una grande partita, ma per una serie di circostanze, la sfortuna, l’arbitro, eccetera, perdemmo 2-0. Al ritorno finì 2-2. Ci fossimo qualificati, avremmo avuto un girone con Werder Brema, Chelsea, Barcellona… Poteva cambiare la mia storia di allenatore e forse, anche quella del Chievo”.
E lei, mister? Il suo addio alla Triestina è stato sorprendente.
“Mi è stato detto poco tempo fa che avevano deciso di cambiare allenatore. Se me lo avessero detto prima avremmo trovato una soluzione. Se non erano contenti di quanto fatto bastava dirlo, senza alcun problema. Invece hanno aspettato, ero convinto di restare e mi hanno licenziato all’ultimo. Magari avrei avuto altre opportunità, invece così nessuno è venuto a cercarmi, convinti che restassi a Trieste. Ora non mi resta far altro che guardare. Quando parti dall’inizio è tutto diverso, dai un’identità di gioco e cambia tutto”.
A proposito di identità: che vittoria, la Nazionale…
“Ho visto la squadra giocare un ottimo calcio. Mancini è stato bravissimo a dare un gioco e un’identità precisa alla Nazionale, sembrava una squadra di club. Espressione, capacità di soffrire. Bravi tutti”.