4 marzo 1968. Sul ring del nuovo Madison Square Garden, che ha preso il posto del “vecchio” i due protagonisti si danno appuntamento per la terza volta, a chiusura, definitiva, della questione tra chi dei due sia il più abile nella tenzone pugilistica. I due protagonisti si chiamano Nino Benvenuti ed Emile Griffith, due tra i più grandi pugili di sempre.
Stavola è mamma RAI a diffondere le immagini di una sfida epocale, altrettanto destinata a rimanere per sempre negli annali della boxe, italiana e non solo. Benvenuti è eleganza, stile, leggerezza e classe cristallina, Griffith al solito ci mette ardore, pesantezza del pugno e quella dose massiccia di personalità, necessaria a chi ha sofferto per guadagnarsi la ribalta. Ed è pure dato favorito dai bookmakers. E così Nino, Naino come lo chiamano gli americani, deve esibirsi in quello che può ritenersi il capolavoro tattico della sua carriera.
Incredibile il verdetto, sul filo di un equilibrio pressoché totale: l’arbitro Lo Bianco e il giudice Forbes assegnano la vittoria per 8-6 ed un round pari a Benvenuti e il giudice-arbitro Al Berl certifica il 7-7 ed un round pari, sentenza che vale al campione tricolore la riconquista del titolo dei pesi medi. Nino, nella sera più importante e davanti alla platea più prestigiosa, 18.000 spettatori entusiasti, non sbaglia niente assurgendo, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, al rango di fuoriclasse. Decisivo per l’esito dell’incontro è il nono round, quando il pugile italiano sferra il gancio mancino che atterra Griffith, nondimeno in grado di rialzarsi, seppur penalizzato da una ripresa che lo condannerà alla sconfitta. Il detentore del titolo si rifà sotto, con furia cieca, soprattutto nell’ultimo round quando con un destro alla mascella fa vacillare Benvenuti, stoico e ben preparato fisicamente, che regge l’urto e completa vittoriosamente l’incontro.
Benvenuti chiude in trionfo e conquista anche quella parte d’Italia che non lo amava, per via di qualche atteggiamento un po’ troppo spavaldo. Curioso quel che ebbe modo di dire Nino, che in quanto a lingua lunga e cervello fino non era proprio secondo a nessuno: “non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round“. E quando qualche anno dopo Griffith dichiarò al mondo la sua omosessualità, proprio il grande rivale di sempre gli diede pieno sostegno. Emile e Nino, “…avversari sempre, nemici mai”. Sono le storie belle che lo sport sa sempre regalarti.