C’era il Chievo, non c’era il Var. E così, Alberto Paloschi, bomber di Maran, incornò l’Hellas firmando il derby del Chievo. Le immagini diranno che Paloschi era al di là del difensore, ma era tardi per cancellare la prodezza, un’incornata prepotente, quando il match andava verso il declino.
Era il primo Chievo di Maran, era l’Hellas di Mandorlini, favorito dal pronostico, ma a lungo in affanno,come spesso succede nei derby, dove chi è sotto in classifica trova motivazioni vincenti.
“Abbiamo meritato” dirà Maran al termine del match.
“Era una partita da 0-0, del resto il fuorigioco è evidente”, replicò Mandorlini, pur senza polemiche. Era l’altro ieri, sembra passato un secolo. Era il tempo in cui Verona era la quinta potenza d’Italia, l’unica città ad avere il derby, oltre a Milano, Roma, Torino e Genova. Era il tempo in cui stavamo sfarando un bel po’ di luoghi comuni. “Verona non può reggere due squadre in A” dicevano i pessimisti. E invece Verona le reggeva alla grande e anche la rivalità, all’inizio annacquata, stava diventando più forte e più vera. Il Chievo soffriva la storia dell’Hellas. L’Hellas non digeriva che una “squadretta” di quartiere fosse stata a lungo più in alto.
E l’aria del derby faceva il resto. Quella era la stagione in cui l’Hellas aveva rimesso la freccia e il Chievo era costretto a inseguire. Per questo era arrivato Maran, al posto di Corini.
E quel giorno, come spesso accade nel derby, la squadra sfavorita l’aveva spuntata. Quella foto di Paloschi sulla bandierina assume oggi un significato ancora più forte. Questo accadeva sette anni fa. Sembra davvero preistoria…