“E noi rimaniamo in… braghe di tela” EMERGENZA CORONAVIRUS: professioni dimenticate

Abbigliamento: “settembre, la vera crisi”

B.A. 50 ANNI, VERONA
“Sarebbe interessante capire perchè i negozi d’abbigliamento saranno tra gli ultimi ad aprire. Già era molto strano che fossero chiusi anche durante il periodo peggiore dell’emergenza. In fondo, avremmo potuto lavorare, gli assembramenti sono rari, sarebbe bastato mettere le stesse regole degli alimentari, ad esempio. Ingressi distanziati, eccetera eccetera… Ma oggi? Oggi perchè siamo relegati tra gli ultimi, costretti ad aspettare ancora, con una stagione praticamente già finita e un magazzino zeppo di cose che non venderemo mai? Chi pensa al mancato guadagno, ci deve aggiungere anche le spese già sostenute per allestire un guardaroba primaverile degno di questo nome. Chi ci rimborserà tutto questo? Mi piacerebbe saperlo. La verità è che, comeper altre categorie e com’è già stato detto più volte, molti di noi saranno costretti a chiudere, licenziando personale e abbassando la saracinesca. Perchè non è semplice, adesso ripartire. Vieni da tre mesi a zero, la gente è giustamente impaurita, c’è crisi economica che si taglia a fette e da qualche parte dovrai pur ridurre le uscite. Non lo fai sul mangiare, giustamente, lo fai su quello cui puoi rinunciare. Per cui, oltre ad aver perso la primavera, perderemo per metà (se non di più…) anche l’estate. E ci ritroveremo a settembre “in braghe di tela” come diciamo noi a Verona. Io sono preoccupata più per l’autunno. Sarà allora la vera crisi…”

IL PASTICCERE: “DUE PESI, DUE MISURE?”

O.V. 47 ANNI, VERONA
“Due pesi e due misure, purtroppo funziona così e non c’è da stupirsi più di tanto. Ci hanno fatto perdere la stagione più propizia, la Pasqua, il 25 aprile, il primo maggio. Il momento in cui la gente comunque si apre alla nuova stagione. L’emergenza, dite? L’emergenza c’era anche per i panifici, se è per quello. E per gli altri generi alimentari. Che cos’è una pasticceria? Che cos’ha di diverso dagli altri negozi che trattano alimentari? Sarebbe bastato un po’ di buonsenso, capire che la filiera dolciaria in Italia tira e tira molto, per prendere decisioni meno improvvisate. Perchè capisco trattare tutti i negozi di un settore alla stessa maniera, quello ci sta. Ma differenziare così non ha senso e davvero rischia di rovinare un sacco di piccole realtà che non sanno se riusciranno a continuare. Ho un bel po’di amici, di colleghi, che mi hanno già detto, “come faremo?”. Abbiamo personale, abbiamo spese, l’affitto, la gestione quotidiana che mica si ferma per il virus. E noi siamo stati costretti a stare chiusi e apriremo per ultimi, come se il problema fosse entrare in pasticceria. Non vale lo stesso principio degli altri negozi? Distanziamento, mascherine, guanti, gel, si entrava uno o due alla volta, in base agli spazi e avremmo lavorato regolarmente, senza compromettere l’emergenza. Anzi, ne avremmo evitata un’altra. Perchè finita questa, ci sarà quella economica e riguarderà non una o due botteghe, ma la stragrande maggioranza di piccoli imprenditori. Sarà durissima, di questo sono purtroppo sicuro”.