Era il “toro di Sora”. Pasquale Luiso, professione bomber. Aveva faccia da gol ed era stato un autentico colpaccio di Giovanni Sartori. “Ci porterà i gol per salvarci in anticipo” pensavano tutti. Ma non avevano fatto i conti con lui. Nel Sora aveva fatto sfracelli, lo volevano in tanti, Sartori giocò d’anticipo, gli riusciva spesso. E Pasquale Luiso divenne gialloblù. Era il secondo anno di B, serviva un bomber vero. “Eccomi qua, sono qua per questo” disse lui, sfacciato il giusto, per reclamare fiducia a prescindere. Gli bastarono pochi giorni di ritiro, i metodi di Alberto Malesani, le regole di un calcio che non aveva ancora assaggiato, per cambiare idea. “Tu vuoi farmi fare le ripetute? Gli schemi? Mi fai correre senza palla per mezz’ora? Ma chi credi di essere”, sbottò Luiso dopo due giorni. Gliela perdonarono. “Gli passerà”, pensarono tutti. Ma il giorno dopo, fece ancora peggio: “Sei un dilettante, vuoi insegnare a me?”, urlò Luiso, prima di prendere la strada degli spogliatoi senza neppure chiedere. Se ne andò senza salutare. Passò all’Avellino, poi divenne grande con Vicenza e Piacenza, anche in serie A. Sartori e il Chievo l’avevano azzeccata, ma non avevano pensato al “toro si Sora” e al suo caratterino…