Sono passati 50 anni dal giorno in cui la battezzarono. Ci vollero anni per trovarle il giusto nome: Umberto Eco, nel ’64, nella prefazione al libro “Le canzoni della cattiva coscienza”, propose un “canzoni diverse”, ma fu Enrico de Angelis, allora giovane giornalista de L’Arena di Verona, il 13 dicembre del 1969, a imporle il nome che ancora oggi si porta dietro: canzone d’autore.
È proprio questo anniversario che si ricorda e festeggia oggi a Roma, al teatro Eduardo De Filippo dell’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, con un incontro spettacolo dal titolo “Ti chiamerò canzone d’autore” che vede come ospiti Lucilla Galeazzi, Pino Marino, Raffaella Misiti e Alessandra Casale, Pino Pavone con Peppe Fonte, Piji, Têtes de Bois, Carlo Valente e con la partecipazione di Tosca, che è anche coordinatrice della Pasolini e responsabile della sezione canzone. La serata, a cura di Daniela Esposito ed Elisabetta Malantrucco, sarà presentata da Enrico Deregibus.
L’anniversario corrisponde anche ai cinquant’anni di carriera giornalistica di Enrico de Angelis, operatore culturale, storico della canzone, per oltre vent’anni direttore artistico del Club Tenco, all’interno del quale fu braccio destro del fondatore Amilcare Rambaldi fin dal primo giorno.
“Era il 1969 – racconta de Angelis – e avevo bisogno di trovare lavoro. Per un mero colpo di fortuna fui assunto subito, senza nemmeno fare gavetta, a “L’Arena”, il quotidiano della mia città, Verona. Con “neutre” mansioni redazionali, naturalmente, ma io ero già appassionato di cantautori, li conoscevo e li amavo da quando per la prima volta avevo sentito alla radio “Quando”, “La brava gente”, “La gatta”… insomma dal 1960. Entrato in redazione, la prima cosa che cercai di fare fu così quella di piazzare in pagina Spettacoli qualche articolo su questi cantanti sui generis che certo allora non conoscevano la fama di oggi, e scrissi su Tenco, su De André, su Gaber… Per dare continuità alla cosa e impedire così che qualche caposervizio bloccasse subito il mio entusiasmo, riuscii a fare di questi articoli una rubrica, e si trattava perciò di trovare la formula da mettere nella testatina. Mi vennero in mente due espressioni: “canzone d’arte” e “canzone d’autore”. Scelsi quest’ultima, evidentemente mutuata dal cinema: si usava molto parlare di “film d’autore” ma non mai di “canzoni d’autore”. Il 13 dicembre 1969 una rubrica di “canzone d’autore” appare dunque per la prima volta su un giornale. Il primo artista di cui parlavo era, guarda caso, Luigi Tenco”.
Come afferma lo stesso de Angelis, “come tante parole del linguaggio corrente, anche questa espressione non ha un significato preciso, univoco, scientifico… Al Tenco se n’è discusso per anni, e vedo che se ne discute tuttora, a distanza di 50 anni! La prima peregrina obiezione che certi fanno è che tutte le canzoni hanno un autore… (persino i canti popolari di tradizione orale, dice qualcuno…). Ma non è lì il punto”. Se oggi molte cose vengono definite “d’autore”, soprattutto se si vuole far passare un messaggio di qualità e di autenticità, “vuol dire – conclude de Angelis – che l’espressione ha una sua forza, e sono convinto che queste filiazioni siano arrivate non tanto dall’uso fatto per il cinema ma proprio da quello fatto per una materia di così largo consumo come la canzone”.
La storia del “battesimo” della canzone d’autore si incrocia fatalmente con quella della nascita del Club Tenco: “tre anni dopo – è il racconto di de Angelis – vado a incontrare il geniale inventore di questa cosa miracolosa, Amilcare Rambaldi, e tra noi inizia immediatamente una stretta collaborazione. Rambaldi meditava un festival riservato ai cantautori, la cui prima edizione vide poi la luce nel 1974. Anche in questo caso si trattava di dargli un nome, e anche in questo caso ci domandammo se chiamarla Rassegna della “canzone d’arte” o della “canzone d’autore”. Come siano andate le cose si sa”.