Verso la metà degli anni ’70 era tra i più assidui frequentatori delle riunioni politiche dell’Ananda Marga, l’emanazione di un movimento religioso che a Verona è stato uno dei centri di aggregazione dell’estrema destra. Gli amici veronesi lo chiamavano Tomaten, per quel rossore che invadeva il suo viso nelle situazioni appena imbarazzanti. Ma all’anagrafe era registrato come Marco Toffaloni, un ex impiegato delle poste, oggi 63enne volato a vivere beatamente in Svizzera con un’altra identità. Anche lui nuotava nel mondo carsico dell’estremismo di destra scaligero, come Paolo Marchetti, Giuseppe Fisanotti, Fabrizio Sterbeni, Curzio Vivarelli. Tutti incuriositi dalle teorie mistiche del guru indiano Prabhat Rainjan Sarkar. Toffaloni, tuttavia, era un tipo speciale.
Nella sua abitazione, perquisita dalla Digos, venne trovata la divisa militare del servizio d’ordine dell’Ananda Marga, dotata di cinturone con tanto di svastica. Tomaten conosceva Abel e Furlan, arrestati per i delitti di Ludwig, e come loro amava il fuoco e la sua simbologia purificatrice. Nel novembre del 1977 smarrì per le strade di Bologna un borsello. Gli venne riconsegnato alcuni giorni dopo dagli uomini dell’Arma. Che non si preoccuparono affatto di chiedergli informazioni sul documento ivi contenuto, intitolato Piro Acastasi. In esso si rivendicavano i primi attentati col fuoco eseguiti a Verona e nel centro di Bologna.
Quattro gli obiettivi indicati nel documento: all’ultimo punto «la soppressione fisica di tutti gli esseri abietti, impediti, paraplegici, sottosviluppati, di tutti coloro che compromettono l’ordine sociale perfetto e completo dal punto di vista estetico». Argomenti cari anche a “Ludwig” che proprio nel 1977 firmò il suo primo delitto. E in quell’anno Verona venne riscaldata dal fuoco degli attentati incendiari. La Digos ne contò più di venti realizzati con le stesse tecniche e rivendicati con sigle naziste. Gli obiettivi furono giostrai, le sezioni del Pci e del Psi e gli ebrei. Sulla scalinata della Sinagoga di via Quintino Sella, colpita la notte dell’11 maggio da due bottiglie incendiarie, le forze dell’ordine rinvennero un pacco di volantini ciclostilati «figuranti un’aquila i cui artigli reggono una svastica» (la stessa immagine utilizzata successivamente da “Ludwig”) e la dicitura in caratteri runici “Rappresaglia destra antica”.
Le Ronde antiproletarie.
Nel 1977 fa la sua prima apparizione a Bologna anche la sigla “Ronde pirogine antidemocratiche” che diverrà famosa sul finire degli anni ’80 per gli attentati incendiari a un centinaio di automobili. Soprattutto “Cinquecento”, perché considerate le auto dei proletari, bollati dalla follia collettiva di quel gruppo come «esseri inferiori».
Per il giudice istruttore Leonardo Grassi, autore della sentenza-ordinanza depositata il 2 aprile del 1990, le menti dell’organizzazione sono due veronesi: l’insegnante di matematica Curzio Vivarelli, camerata nonché pure lui discepolo scrupoloso degli insegnamenti dell’Ananda Marga, e. guarda caso, proprio Marco Toffaloni. Tomaten, tuttavia, è al centro di trame ancora ben più gravi. Nel 2011 l’ordinovista scaligero Giampaolo Stimamiglio dichiara al pubblico ministero bresciano Francesco Piantoni che Toffaloni (all’epoca dei fatti diciasettenne) aveva avuto un ruolo nell’attentato di Piazza della Loggia (28 maggio 1974, costato 8 morti e 102 feriti). Attentato pensato a Verona. Uno dei tanti buchi neri nella storia della nostra città.
di Alessandro Farina