“Forse quell’anno abbiamo giocato il calcio più bello” dicono sempre tutti. E’ il primo anno di serie A, il Verona pesca due stranieri leggendari, come Wladek Zmuda e Jos’ Dirceu. Gente che assieme ha fatto 7 mondiali. Il polacco, purtroppo, si rompe subito, un maledetto infortunio al ginocchio che lo toglie di mezzo. Il brasiliano, invece, dopo l’iniziale esitazione di Bagnoli (“ho Guidolin, dove lo faccio giocare?”) conquista tutti dall’alto di una classe e di una simpatia straordinarie. Attorno a lui, Osvaldo Bagnoli, geniale come sempre, disegna un Verona perfetto. Una sola punta vera, Nico Penzo. Un “tornante” come Fanna, libero di andare a tutto campo. Un regista, Di Gennaro, che gioca col 9, ma è il cervello della squadra. “La prima volta che il mister diede la formazione – racconta sempre Totò – io avevo il 10 e Dirceu il 9. Josè venne da me e mi disse: Antonio, ho tutte le cartoline già stampate col 10, me lo cedi? Io gli risposi, nessun problema, senti il mister, se è d’accordo lui…”.
Di Gennaro “falso nueve” dunque (pensate a com’era avanti Bagnoli…) e una squadra che si muoveva come un’orchestra. Con Tricella a dirigere dietro, dove Volpati, Spinosi, Oddi e Fedele, garantivano esperienza e quantità.
Il Verona diede spettacolo su tutti i campi e fu l’inizio di quel ciclo che lo porterà due anni dopo a vincere lo scudetto e poi a centrare due finali di Coppa Italia, più i passaggi in Europa. Ma quello resta comunque un anno davvero indimenticabile.