Il mondo prega per Pelè, lo starà facendo dall’alto anche Tarcisio Burgnich, detto “la roccia”. Uno dei più forti difensori del calcio italiano. Un mastino che non regalava niente. Mai. Non a caso, zio Uccio Valcareggi decise di affidargli il compito più complicato: “Tarcisio, occupati di Pelè”. Poche parole. Burgnich, friulano, le usava solo quando servivano. E gli toccò Pelè. Finale di Mexico ‘70, l’Italia aveva battuto la Germania e proprio la “roccia” friulana s’era permesso il lusso di firmare uno dei quattro gol azzurri. “Pochi ma buoni” aveva pensato, senza dirlo. Il resto è leggenda. La finale col Brasile, forse il più forte Brasile di sempre. Tutto bene fino a quel cross dalla sinistra, Burgnich marca stretto Pelè, il resto lo raccontò mille e mille volete ancora: “IO credevo di essere andato in alto, ma lui mi fece sentire a terra. Andò su, molto più su di me, ma soprattutto, rimase come aggrappato al cielo. Una frazione di secondo, quella che gli serviva per colpire e battere Albertosi”. Una foto che è, al tempo stesso, il poster di un fuoriclasse straordinario e di un’epoca irripetibile. C’era un volta un marziano. Il calcio, oggi, prega per lui.