La domanda è se alle minacce contro ignoti, che ora in parte non sono più ignoti, seguiranno i fatti. Matteo Salvini, quando ancora non si conoscevano i nomi dei politici che hanno chiesto e ottenuto dall’Inps il bonus di 600 euro destinato alle partite Iva, aveva tuonato: «In qualunque Paese del mondo tutti costoro si dimetterebbero. Chiunque siano, immediata sospensione». Si riferiva ai parlamentari, ma non è che lo stipendio medio di un consigliere regionale sia da fame: 8 mila euro al mese e rimborsi spese per viaggi e alberghi. Il vicesegretario del Carroccio e capo della Liga Veneta, Lorenzo Fontana, era stato altrettanto perentorio: «Se dovesse emergere che qualcuno ha fatto richiesta all’Inps, quei nomi non finiranno tra i candidati nelle liste della Lega in Veneto e verranno immediatamente sospesi dal movimento». Netto anche il governatore Luca Zaia: «Lancio un appello a tutte le forze politiche: è fondamentale chiarire la vicenda, perché viene meno la credibilità di tutta la classe dirigente. Se iniziamo a trincerarci dietro alla privacy non ne veniamo più fuori. Nel mio partito il segretario è stato chiaro indicando la sospensione, che apre uno scenario peggiore. La sospensione è già un atto importante: si chiede di fare un passo a lato. E visto il fronte delle candidature, vuol dire perdere il treno. Se fosse per me quella persona non la candiderei». Le persone, in Regione Veneto, al momento sono tre, tutte leghiste. Il primo è Gianluca Forcolin, vice di Zaia e assessore al Bilancio. Lui, stando a quanto dichiarato al Corriere della Sera, il bonus l’avrebbe chiesto ma non ricevuto. O meglio, l’avrebbe chiesto a sua insaputa la socia (tributarista): «Non ne sapevo nulla e io non ho visto un centesimo» ha sottolineato Forcolin. C’è poi il consigliere regionale veronese ed ex parlamentare Alessandro Montagnoli il quale ha ammesso di aver ricevuto il contributo, ma ha tenuto a precisare che la richiesta è stata inoltrata «in buona fede» dalla moglie e che l’importo è stato devoluto in beneficenza, «subito, in quei giorni, non adesso che è scoppiato lo scandalo…». Il terzo è il consigliere Riccardo Barbisan, il quale ha affermato che è stata colpa del commercialista al quale avrebbe detto «per carità non farlo mai più!». Anche Barbisan ha girato la somma per opere di bene, e in questo caso il diretto interessato ha immediatamente mostrato un documento che pare attestarlo. I tre hanno sbagliato, senz’altro, pur non commettendo alcun illecito. Sarà affar dei partiti (lo scandalo sta investendo un po’ tutti) decidere come comportarsi coi responsabili. Di sicuro però il governo ha prodotto l’ennesimo provvedimento colabrodo. Dilettanti allo sbaraglio.