Il premier si è detto commosso per le parole di saluto che gli sono state rivolte. “Credo non ci sia molto che vi possa dire- ha detto il premier nel suo intervento- Una cosa però mi è venuta in mente quando mi è stato presentato quel bellissimo dono, quella bellissima rosa per mia moglie. Una delle domande previste in questa conversazione in classe era “Presidente quale è il suo idolo?”. Più che pensare a idoli, spesso viene in mente: devo qualcosa a qualcuno nella mia vita per quel che sono diventato, per quello che ero, per tutto. E mi vengono in mente tre gruppi di persone: innanzitutto devo moltissimo ai miei genitori, non tanto devo dire dal punto di vista materiale, ma dal punto di vista spirituale, psicologico, formativo, l’amore per il lavoro. Il fatto che bisogna lavorare, è importantissimo, è parte della nostra esistenza. Il rispetto delle regole, ma anche una consapevolezza, sapere chi sei, che cosa ci stai a fare qui, cos’è che combini. Te lo devi chiedere tutti i giorni, cos’è che ho fatto oggi. Ecco, questa è una delle cose che vengono da parte della mia famiglia di origine. Poi ho avuto degli insegnanti straordinari- ha aggiunto- a scuola, all’università, e anche dopo negli studi successivi che ho fatto in America e anche in Italia. Quanti insegnanti bravi ci siano la gente non lo capisce, lo ignora. Ma sono tanti e bravissimi, e in un certo senso voi li avete davanti. Come ha detto il presidente Zaia prima, sono veramente quelle persone che non solo si sacrificano, perché il sacrificio ha l’idea di una persona che è triste e che deve fare qualcosa perché lo deve fare, ma si divertono a stare con voi. E sono coloro che vi danno i primi messaggi della vita. Sono coloro che vi dicono: “ma tu che hai fatto?“. Sono coloro che vi aiutano a trovare la consapevolezza di voi stessi. Gran parte di loro lo fanno col sorriso.
Per tornare alla rosa, la terza persona più importante a cui effettivamente devo gran parte di quel che ho fatto negli ultimi 40-50 anni è mia moglie. Ogni tanto mi viene in mente la quantità di fesserie che avrei fatto se non ci fosse stata lei. E anche alla capacità di capire il momento psicologico – ne ho attraversati tanti nella mia vita. E poi la famiglia che si è creata, i figli, i nipoti della vostra età. E’ tutta una storia bella che si centra su di lei, un applauso per lei’’.
Per Draghi è stata anche l’occasione per parlare del difficile momento che stiamo vivendo.
“Noi italiani -ha detto- viviamo questa guerra, per fortuna, di riflesso, da lontano. Ci chiediamo e mi chiedo cos’è che si può fare oltre ad aiutare quello che era un piccolino e ora è grosso. Per aiutare l’amico, l’amica. Quello che si può e si deve fare è cercare la pace, cercare di fare in modo che i due smettano di sparare e comincino a parlare. Questo è quello che noi, italiani, io, dobbiamo cercare di fare. L’ultima volta che ho parlato con il presidente Putin ho cominciato la telefonata dicendo: “La chiamo perché voglio parlare di pace“. E mi ha detto: “Non è il momento”. “La chiamo perché vorrei che ci fosse un cessate il fuoco”. E lui: “non è il momento”. ”La chiamo perché forse molti di questi problemi li potete risolvere solo voi due: lei presidente Putin e lei presidente Zelensky. Perché non vi parlate?”. “Non è il momento”. Invece ho avuto più fortuna l’altra settimana quando sono andato a Washington. Parlando con il presidente Biden, gli ho detto che forse è solo da lui che Putin vuole sentire una parola. E quindi gli ho detto di telefonare a Putin. Devo dire che il suggerimento ha avuto più fortuna, perché il giorno dopo, non lui, ma i ministri della Difesa russo e americano si sono sentiti.