Il premier «Draghi arriva in Parlamento e di fatto pretende pieni poteri, sostenendo che glielo hanno chiesto gli italiani. Ma in una democrazia la volontà popolare si esprime solo con il voto, non sulle piattaforme grilline o con gli appelli del Pd».
Lo scrive su Facebook la leader di FdI, Giorgia Meloni. Un mal di pancia, quello di Fratelli D’Italia, che dà l’idea della fibrillazione all’interno del centrodestra, anche quello di governo, con la Lega che non ha gradito gli affondi, nemmeno tanto velati del premier. Tanto che Matteo Salvini ha riunito in conclave i suoi, prima di andare a Villa Grande a riferire a Silvio Berlusconi.
«Sono le autocrazie che rivendicano di rappresentare il popolo senza bisogno di far votare i cittadini, non le democrazie occidentali. Fratelli d’Italia non intende assecondare questa pericolosa deriva. Decidano gli italiani del proprio futuro, non questo Parlamento delegittimato e impaurito. Elezioni subito», aggiunge.
Dopo l’intervento di Mario Draghi al Senato il centrodestra di governo si interroga sul da farsi: rinnoviamo la fiducia o al voto? Vari passaggi del discorso del premier sembrano attacchi diretti a Lega e Fi e questo rende più difficile sciogliere la riserva a favore di un sì al Draghi bis.
Silvio Berlusconi ha convocato, per forza di cose, a pranzo a Villa Grande un nuovo vertice con Matteo Salvini, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi per definire una strategia comune e si annuncia una sorta di Gabinetto di guerra. Di primo acchito, dopo aver sentito le ‘frecciatè del presidente del Consiglio, non pochi sarebbero tentati di strappare. In casa Fi, per esempio, il dibattito è aperto. Il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, ha riunito i suoi a mezzogiorno ribadendo la linea di Berlusconi del sì a Draghi ma senza i Cinque stelle di Conte, altrimenti si va alle urne, rinviando tutto all’esito del summit a Villa Grande.
Il partito del Cav resta diviso tra i più governisti (a cominciare dai ministri guidati da Maria Stella Gelmini) e i sovranisti, più vicini al numero uno di via Bellerio. La tentazione di rompere, insomma, anticipando la fine della legislatura, c’è, ma c’è anche il timore che sfilandosi, Fi e Lega possano intestarsi la rottura insieme a Conte, anche se è quest’ultimo innegabilmente il respon
sabile della crisi.
Di certo, ieri notte i leader del centrodestra si erano lasciati con un ‘vediamo domani cosa dirà Draghi e se farà aperture alle nostre proposte, in particolare quella di tener fuori dall’agenda del Draghi bis temi divisivi come cannabis e ius scholae”.
Ora, raccontano, dentro Fi e Lega alla luce delle parole sentite al Senato, non sono arrivati i segnali di apertura attesi. Da qui la difficile scelta sul da farsi. Forti malumori, riferiscono, infatti sarebbero emersi in queste ore anche dentro il Carroccio, dove fanno notare che da parte dell’ex presidente del Bce non ci sono state aperture sulla pax fiscale, il nodo migranti e la vertenza taxi.