Non sarà di certo un compito facile per Mario Draghi, che dovrà riuscire a coniugare le richieste e le ideologie di partiti totalmente differenti sul piano politico. Il premier incaricato oggi pomeriggio ha iniziato il secondo giro di consultazioni per entrare nel merito delle questioni e sottoporre il proprio programma alle varie delegazione. La faccenda potrebbe complicarsi se la Lega proseguisse sul “sì”: l’ok di Matteo Salvini ha mandato in tilt la sinistra, in particolare il Pd, che non si aspettava la mossa del Carroccio e già da adesso teme per la tenuta della maggioranza. Ancora prima di iniziare questa esperienza vi sono ben tre nodi da sciogliere. Tematiche spinose che rischiano di spaccare da subito l’eventuale nuovo governo.
Governo tecnico o politico?
Il primo scoglio da superare sarà quello della formazione della squadra di ministri. L’ex numero uno della Bce si trova a un bivio: sposare la linea tecnica o politica? Nella seconda ipotesi si andrebbero ad accontentare le richieste delle forze politiche che spingono per inserire nello scacchiere i principali rappresentati e addirittura i leader. La composizione potrebbe essere di un ministro per ogni forza a sostegno del governo, forse due per i partiti maggiori. Così facendo i tecnici finirebbero in minoranza rispetto ai politici. In questi giorni vi abbiamo già parlato dei primi nomi per il toto-ministri, tra rumors e incognite, che vedrebbe “Super Mario” nominare direttamente personalità capaci e competenti. Soprattutto per i tecnici economici potrebbe rivolgersi ai suoi uomini di fiducia.
I tempi. Il tema dei tempi è stato sollevato da Matteo Salvini. “Non è ancora cominciata l’esperienza, quindi non possiamo indicare la data di scadenza”, ha dichiarato l’ex ministro dell’Interno. Poi però è arrivata la precisazione, specificando che un esecutivo di ricostruzione di questo tipo non può giungere a fine legislatura: “Deve fare alcune cose come nel Dopoguerra fece Parri”. Quindi l’intenzione del leghista è quella di mettersi d’accordo sulla lotta alla pandemia, sulla campagna di vaccinazione, sugli aiuti alle imprese e alle famiglie, sulle infrastrutture e sul ritorno in presenza a scuola.
Il Quirinale e lo stesso Draghi non vorrebbero un governo “a tempo determinato”. Tuttavia c’è già chi scommette sulla caduta in primavera, dopo aver affrontato gli ostacoli più urgenti. Anche il Partito democratico, si legge su La Stampa, prende posizione in tal senso: “Constatiamo che Salvini fissa una scadenza e pone un problema. Attendiamo la sintesi del presidente Draghi, ma maggioranza larga non vuol dire necessariamente stabilità”.
Il programma. Ultima questione, ma non per ordine di importanza, quella relativa al programma. A far tremare la sinistra è soprattutto il fattore immigrazione. “Ma ci immaginiamo cosa accadrà al primo sbarco primaverile di clandestini?”, si chiede preoccupato un esponente del Partito democratico. Per non parlare della giustizia, tema su cui i giallorossi sono crollati per una frattura insanabile. Anche sul fronte delle pensioni si prospettano intoppi: la Lega spinge per la conferma di quota 100, ma dal primo gennaio 2022 la finestra degli sconti si chiuderà e quindi si tornerà ai precedenti paletti con un balzo di ben 5 anni.