Sono molte le persone che in questo momento stanno sperimentando angoscia, paura e ansia all’idea di lasciare la propria abitazione, uscendo dal confinamento. Questo fenomeno psicologico è noto come sindrome della capanna. La casa, infatti, viene percepita come luogo sicuro, al contrario dei contesti esterni.
Cos’è la sindrome della capanna
Le prime indicazioni cliniche di questa di questa sindrome risalgono all’epoca della corsa all’oro: tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, infatti, i cercatori statunitensi trascorrevano lunghi periodi isolati all’interno delle proprie capanne. E chi viveva questa condizione spesso manifestava stress all’idea di tornare alla civiltà, ma anche ansia, tensione o sfiducia verso il prossimo.
La sindrome della capanna (o sindrome del prigioniero) non è un disturbo psichiatrico, né psicologico. È una particolare situazione emotiva che può manifestarsi dopo un periodo prolungato di confinamento, come l’attuale lockdown. Parliamo di un fenomeno normale, che riguarda molte persone che durante la quarantena si sono abituate a stare a casa e che pertanto percepiscono come ansiogena la realtà esterna.
Sindrome della capanna: chi ne soffre di più
Tornare ad uscire vuol dire lasciare un luogo certo e sicuro per l’ignoto. Una fase di incertezza tendenzialmente può durare fino ad un paio di settimane, tuttavia alcune persone possono manifestare particolari difficoltà anche per alcuni mesi.
La differenza, infatti, è data dalla capacità individuale di accogliere o meno i cambiamenti. È il caso, ad esempio, di soggetti poco flessibili che faticano ad adattarsi alle nuove situazioni. Ma anche di chi è restio a rimettersi in discussione o di chi ha un’indole scarsamente esplorativa. E non è tutto: gli anziani sono più a rischio perché meno inclini a modificare le proprie abitudini di vita. Così come le persone ansiose e fragili, oppure chi soffre di depressione.
Quali sono i sintomi della sindrome della capanna?
Uno dei sintomi più comuni legati a questa sindrome è la letargia: chi ne soffre, infatti, tende a sentirsi stanco, fatica ad alzarsi al mattino e a svolgere le normali attività quotidiane. Inoltre, si può riscontrare anche difficoltà di concentrazione, scarsa memoria, eccesso di fame, angoscia, malinconia o tristezza. Un tratto distintivo della sindrome della capanna, infine, è anche la paura di uscire, che talvolta può essere camuffata.
Come riuscire a tornare alla normalità
Per tornare alla vita di sempre, è importante non alimentare ulteriormente ansia e paura. In quest’ottica, dunque, può essere utile non forzarsi ad uscire, ma procedere a piccoli passi: arrivare al portone, andare in giardino, fare una breve passeggiata.
Quando si deve chiedere aiuto allo specialista
Un altro consiglio è quello di provare a ridurre anche il tempo del riposo. Stare a letto troppe ore o eccedere con il numero delle penichelle, infatti, non giova alla ripresa futura. Inoltre, è importante tornare alla routine di sempre, o (meglio ancora) stabilirne una nuovapiù funzionale. In tal senso può essere utile dividere la giornata in momenti specifici, rispettare gli orari dei pasti, fare attività fisica, ma anche stabilire quando e come uscire di casa.
Sindrome della capanna: quando è il caso di chiedere aiuto
Tuttavia, quando la paura di uscire di casa non si allevia o diventa invalidante è opportuno chiedere aiuto o rivolgersi ad uno specialista. Se varcare la soglia di casa o scendere in strada, infatti, genera una condizione di ansia preoccupante, la cosa migliore è ricorrere ad un parere professionale e qualificato.
L’emergenza sanitaria in atto, infatti, ha generato una situazione senza precedenti. Quotidianamente si devono affrontare molte nuove sfide e questo può incidere sulle emozioni, ma anche sulla sfera psicologica..