Ancora una prima nazionale per la terza proposta del Festival Shakespeariano: Il Mercante di Venezia, al Teatro Romano il 25, 26 e 27 luglio alle 21.15 . Lo spettacolo, di Ghione Produzioni, propone uno dei testi al tempo stesso più popolari e controversi di William Shakespeare che, a partire dal 1955, è stato portato nove volte sul palco del Romano (l’ultima nel 2013).
In questa occasione l’adattamento e la regia sono di Giancarlo Marinelli (che ha diretto l’ultimo imperatore del teatro italiano Giorgio Albertazzi nello stesso spettacolo prima della sua morte tre anni fa) e sul palco ci saranno Mariano Rigillo (Shylock), Romina Mondello (Porzia), Ruben Rigillo (Antonio), Francesco Maccarinelli (Bassanio), Cristina Chinaglia (Job), Francesca Valtorta (Jessica), Antonio Rampino (Doge di Venezia), Mauro Racanati (Lorenzo), Simone Ciampi (Graziano), Giulia Pelliciari (Nerissa). Scene a cura di Fabiana Di Marco, costumi Daniele Gelsi e luci Luca Palmieri.
“Si potrebbe discutere a lungo circa le trappole contenute ne I’l Mercante di Venezia’ di Shakespeare, a partire dal titolo: il Mercante è Antonio. Non è Shylock. Non è Bassanio, non Porzia, né Jessica o Lorenzo; insomma, il personaggio che è il titolo non è però il protagonista del titolo. O forse sì” dice il regista Marinelli. “Ché Antonio sembra un’anticipazione di Henry James e perché no, persino di Virginia Woolf. Uno uscito dai Bostoniani, o forse dalla Signora Dalloway. Un antieroe tutto votato ad una sorta di discorso interiore; un uomo che agisce per soddisfare l’amore e il tradimento di altri, (Bassanio), e che per il resto, sembra essere completamente in balia degli eventi. Dei venti. Come le sue navi salve e travolte ad un tempo dalle bizze della Fortuna. Potere struggente, potentissimo, della passività. Antonio non è il protagonista eppure lo è. Perché più degli altri vive e profetizza la fine di un tempo, di una città, di un impero. Shylock è più protagonista di Antonio, ma lo è in modo sbagliato. Per il Bardo, (pur in una operazione di rivoluzionaria umanizzazione), è l’antagonista. Il male. Ma è ebreo. E dopo Auschwitz, diventa impossibile odiarlo. Un po’ perché William in fondo non lo vuole, un po’ perché noi non ci riusciamo. E’ un antagonista che la storia tramuta in un eroe. E i cerchi sbagliati, creati dal sasso sbagliato potrebbero moltiplicarsi nella laguna immobile: il Mercante è commedia o tragedia? Romanzo d’appendice o dramma moderno? Storia di un’iniziazione o partitura d’un crepuscolo? Tutto e il contrario di tutto. Come Venezia, anzi ‘Venezie’ direbbe Paul Morand: una città, mille città, fondate sull’impossibile. Tutte, con i suoi abitanti in scena, sarebbe giusto, persino necessario, osservarle così: come l’enigma di un pomeriggio d’autunno. Come un quadro, un arco, un orizzonte di de Chirico.”
Ne ll Mercante di Venezia i temi affrontati sono quelli eternamente cari a Shakespeare: il conflitto tra generazioni, la bellezza che muore e che si riscatta, la giovinezza che deve fare i conti con le trasformazioni del tempo e della società.
“A perpetuare una strada già solcata con successo, visto che il precedente Mercante da me diretto era interpretato dal grande Giorgio Albertazzi – continua Marinelli – si staglia l’eccellenza scenica di Mariano Rigillo nei panni di Shylock. Uno degli attori fondamentali nelle mie visioni che, di fatto, mi ha tenuto a battesimo alla Biennale Teatro Venezia del 2007 con La sposa persiana. Con lui Romina Mondello, nella principessa ‘terrestre’ Porzia, e una nutrita schiera di giovani attori pieni di talento.”
“Nell’antico concerto che dice la rassegnata disperazione per la morte di un uomo, e forse d’una città, e forse anche di tutto ciò che è già vissuto abbastanza. Questa la fine di Anonimo Veneziano di Giuseppe Berto. Ecco – conclude il regista – il mio Mercante comincia così.”