Dopo il “caso” report… Luca Zaia: “Regione trasparente” Zaia replica alle accuse: “70 mila test al giorno, nessun trucco su morti e contagi”

“Da come mi è stata raccontata la puntata di Report”, ha detto il governatore del Veneto Luca Zaia, credo che ci siano responsabilità personali, non posso parlare per Flor (direttore generale della Sanità regionale, ndr), dovete sentire il di­retto interessato. Quando ab­biamo avuto sentore di necessità di chiarezza, abbiamo sempre scritto in modo puntuale, più trasparenti di così non potevamo essere. Credo che Report abbia comunque e­videnziato che l’amministrazione è sempre stata specchiata, noi ci siamo sempre ritenuti tra i più bravi in Italia, non voglio neanche immaginare se fanno la trasmissione su altre regioni. Sui tamponi”, ha sottolineato il governatore, “posso solo dire che quando ti ritrovi a farne 70mila al giorno sai che tre quarti dei positivi che trovi li trovi coi rapidi”. Re–port ha ripreso le considerazioni del professor Andrea Crisanti, la cui collaborazione con Zaia è terminata dopo la prima ondata. Secondo Cri­santi i tamponi rapidi non erano in grado di rilevare in percentuale sufficiente gli a­sintomatici. “Durante la se­conda ondata”, ha accusato il professore, “l’obiettivo politico della Regione è stato quello di dimostrare che era tutto merito loro il risultato delle misure prese durante l’avvio dell’epidemia, e che quindi a­vrebbero potuto fare a meno di me”. Torniamo alla replica di Zaia. “I rapidi non funzionano? Sono la causa di tutti i mali? Non sono un tecnico. Io non vedo negativamente il lavoro fatto da Re­port, dimostra che l’amministrazione è sempre stata trasparente. Non av­verto necessità di chiedere chiarimenti a Flor? Lo sentirà l’assessore, io so­no impegnato su altri fronti. Cer­tamente chiederemo co­sa intendeva dire, lo studio c’è o non c’è e cosa in­tendeva di­re”. Durante la conferenza stampa nella sede della Protezione Civile regionale, è intervenuta Antonia Ricci, direttrice dell’Istituto Zo­oprofilattico Sperimentale del­le Venezie. “Io ho avuto mo­do di leggere lo studio, pubblicato anche se non sottoposto alla Pr review, Un la­voro che confronta i risultati dei tamponi rapidi e molecolari su 1.421 pazienti e vengono riscontrati 18 casi in­congruenti, di questi solo 12 vengono poi studiati ulteriormente perché in questi il molecolare era un vero positivo. Otto di questi sottoposti a sequenziamento completo e su 3 è stata trovata una doppia mu­tazione della proteina N che potrebbe essere la causa del fatto che l’antigenico non è in grado di diagnosticarli. Ci sono alcune considerazioni da fare, perché non è certo che le mutazioni siano la causa. La conclusione dello studio dice che il grande aumento di positività nel Ve­neto è dovuto da questa va­riante invisibile al test, ma in realtà da metà dicembre la percentuale di questa variante è crollata. Quindi la supposizione era giusta ma non è stata suffragata dai dati successivi. Stiamo continuando a studiare questo aspetto perché è importante sapere quali va­rianti possono sfuggire ai test diagnostici, noi continuiamo a fare questo monitoraggio co­stantemente e questa variante viaggia in percentuali minime in Veneto”. Netta anche la posizione della dottoressa Francesca Russo, direttrice del reparto di Prevenzione del­l­a Regione. “Alla Regione Veneto non è mai arrivato uf­ficialmente lo studio del dottor Crisanti sull’efficacia dei tamponi rapidi. Appena ab­biamo avuto riscontro che, a causa dell’incremento della curva epidemiologica, il tracciamento presentava difficoltà abbiamo indetto una i­m­mediata riunione di coordinamento tra le dirigenza sa­ni­ta­rie locali, per imprimere un’accelerazione alle operazioni di sorveglianza epidemiologica. E’ normale che ci siano oscillazioni nella capacità di tracciamento. Abbiamo chiesto a tutti gli operatori di lavorare ad oltranza festivi compresi, per recuperare ogni dato di tracciamento possibile, tanto che nelle settimane successiva abbiamo progressivamente e di gran lunga superato la quota minima richiesta del 60% dei contatti tracciati, arrivando all’80 e successivamente al 90%. Ad ogni operatore è stato chiesto di definire lo stato clinico di ogni paziente positivo, indicando se asintomatico o sintomatico”.