Amava la montagna, Luciano Piona. Non solo il vino,le sue aziende, il Custoza, di cui era una sorta di ambasciatore. Era maestro di sci e gli piaceva andare, la montagna lo ispirava, gli dava energia. La stessa che poi riportava nelle cose di ogni giorno. Presidente del Consorzio Garda Doc e titolare della Cavalchina di Custoza e della Prendina di Monzambano.
Aveva 66 anni. Se n’era andato sullo Spinale, sopra Madonna di Campiglio. In solitudine. Un malore l’ha colpito. E’ rimasto nella neve, a lungo. Troppo. Quando l’hanno trovato, era assiderato, privo di conoscenza. L’hanno portato al Santa Chiara di Trento, duegiorni aggrappato alla vita, grazie alle macchine, ma ormai senza speranza. Se n’è andato così, in punta di piedi. La famiglia ha consentito l’espianto degli organi, perchè così voleva lui, uomo di valori e di grande generosità, che lascia un grande vuoto in chi l’ha conosciuto.
“Era maestro di sci, quindi espertissimo, ma purtroppo è stato colto da un malore che lo ha stroncato – sottolinea Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona -. A nome della Giunta e del Consiglio esprimo la vicinanza alla famiglia, perché Luciano era non solo un amico, ma anche un grande imprenditore e lo aveva dimostrato anche alla guida del Consorzio di tutela Custoza, che aveva condotto con autorevolezza anche in virtù dell’attività svolta con l’azienda di famiglia Cavalchina. È stata la sua azienda la prima, nel 1962, a chiamare Custoza il vino bianco della zona, portando poi la doc ad affermarsi nei mercati più importanti. Oltre all’abilità nel fare marketing, Luciano e il papà Giulietto, oltre al fratello Franco, avevano portato a un alto livello di qualità il vino prodotto, con la cura dei terreni, dei vitigni e della vinificazione. Per noi tutti è una grande perdita e io proporrò alla giunta che venga iscritto nell’Albo d’oro dell’associazione”.
Luigi Caprara, membro di giunta di Confagricoltura e consigliere del Consorzio di tutela del Custoza, lo ricorda così: “Con Luciano eravamo colleghi e amici, ma lui per me è sempre stato un faro da seguire. Era sempre un passo avanti rispetto agli altri. Basti pensare che fu lui a credere alla doc e a proporre il nome Custoza per il nostro bianco, che noi chiamavamo Valbusa da una località della zona. E sempre lui ha creduto fortemente nel far ripatire il Garda doc, che era una denominazione morta. Sempre positivo, dotato di una grande onestà intellettuale. Negli affari non mollava un centesimo, ma era leale, corretto, manteneva sempre i patti. Il vino era la sua vita, ma lo era anche lo sport, la bicicletta e lo sci soprattutto. Correva anche con la moto ed era esperto velista. Il sabato e la domenica nulla lo fermava: neve o vento, prendeva e se ne andava in montagna”. Come l’ultimo viaggio.